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La Regione si metta subito al lavoro e attivi un Piano di vigilanza e controllo di tutte le strutture sanitarie e socio assistenziali

Redazione

È a dir poco allarmante il quadro che sta emergendo in questi giorni in Calabria sulle RSA e sulle strutture socio assistenziali che accolgono persone in difficoltà, anziane e con disabilità, finite in questi giorni anche sotto la lente degli investigatori. Il lavoro dei Nas ha fatto emergere la drammaticità del caso. Oggi i Carabinieri del Nucleo Antisofisticazione e sanità e del Comando Provinciale di Reggio Calabria, hanno eseguito ispezioni e nuovi controlli all’interno di Residenze Sanitarie Assistite (R.S.A), Case di Risposo – Comunità Alloggio e Case famiglia di Reggio e Provincia, facendo emergere una serie di irregolarità e criticità delle realtà assistenziali.

Al momento risultano emblematici i casi delle Rsa di Chiaravalle e di Villa Torano (ad oggi le persone risultate positive al Covid-19 sono 77; i casi interessano un’area che coinvolge non solo il Comune di Torano ma anche altri territori come Montalto, Acri, Bisignano, Luzzi, Santa Sofia D’Epiro).

La Regione Calabria non può rimanere passiva, non può restare ferma a guardare l’evolversi delle vicende. Il silenzio assordante da parte della Regione rischia di gettare un’ombra sul suo operato. Bisogna fare chiarezza e agire con trasparenza, avviare immediatamente una urgente campagna di controllo non solo per verificare se le strutture sanitarie e socio assistenziali hanno i requisiti strutturali, organizzativi e funzionali, ma anche per controllare la qualità del servizio offerto a categorie deboli e persone in difficoltà.

Oggi è necessario che la Regione autonomamente avvii una attività ispettiva sulle strutture e le prestazioni sanitarie e socio sanitarie erogate. Il compito della Regione Calabria è quello di vigilanza e controllo, previsto dalla legge e che tra l’altro afferma che “qualora in attività di controllo, di verifica e ispezione risultino elementi tali da far ritenere compromesso il mantenimento dei requisiti stabiliti in sede di autorizzazione all’esercizio ovvero all’accreditamento, il direttore generale è comunque tenuto ad assumere ove ne ricorrono i presupposti ogni altra iniziativa di carattere urgente diretta ad evitare rischi per la salute dei cittadini”. Come è evidente dai fatti, questo compito non è stato svolto adeguatamente nel corso di questi anni. Addirittura la Regione si è tenuta per vent’anni, abusivamente, anche la gestione del sistema del Welfare: unico caso in Italia visto che solo dal 2015 ha provveduto a riorganizzare l’assetto istituzionale del sistema integrato degli interventi in materia dei servizi e politiche sociali trasferendo la gestione ai distretti, applicando in questo modo la legge 328/2000 e la legge 23/2003.

Serve una operazione trasparente e per questo deve essere coinvolto l’intero Consiglio regionale e la Terza commissione Sanità e attività sociali. In Calabria si riveda in modo sistematico l’organizzazione delle strutture sanitarie e socio assistenziali avendo la certezza che al centro del sistema, nell’erogazione di servizi e prestazioni, ci sia il cittadino e non meramente interessi contabili o di profitto. Bisogna mettere mano a una vera e propria riforma strutturale che superi la mancata integrazione, tutta calabrese, dei servizi socio assistenziali con quelli sanitari; un sistema errato che da anni sta creano storture, sprechi e sovrapposizioni costosissime a danno dei cittadini. Non è più possibile che si operi con un Piano regionale degli interventi in materia di servizi e politiche sociali fermo agli anni 2007-2009, mentre le altre regioni d’Italia non solo lo hanno aggiornato ma l’hanno integrato dando vita ad unico Piano di servizi sanitari e socio assistenziali.  Questo è quello che serve ora alla Calabria.

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