Operazione Cc coordinata da Dda contro cosche dello Stilaro
Un nuovo “locale” di ‘ndrangheta attivo e confederato alla cosca dei Taverniti di Gerocarne, nel vibonese è stato scoperto a Stilo, nella Locride, nell’ambito dell’inchiesta “Doppio sgarro” condotta dai carabinieri e coordinata dalla Dda di Reggio Calabria. Su richiesta del procuratore Giovanni Bombardieri e dell’aggiunto Giuseppe Lombardo, il gip ha emesso 9 ordinanze di custodia cautelare: 7 in carcere e 2 ai domiciliari.
I reati contestati sono associazione a delinquere di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico illecito di stupefacenti, produzione, traffico e detenzione di droga.
L’inchiesta coordinata dai sostituti Simona Ferraiolo, ora trasferitasi a Milano, e Domenico Cappelleri, è partita dalle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia raccolte durante le indagini su alcuni episodi avvenuti nell’area dello Stilaro, tra cui l’omicidio di Marcello Geracitano avvenuto nel 2005 e quello di Giuseppe Gerace nel 2012. I fatti di sangue non sono contestati, ma grazie a una rivisitazione di precedenti attività di indagine si è arrivati agli arresti di oggi con cui i pm hanno disarticolato un gruppo criminale composto prevalentemente da soggetti legati da vincoli familiari e collegati alla cosca Taverniti.
Al centro dell’indagine ci sono le famiglie mafiose dello Stilaro che, secondo il gip Giovanna Sergi, sono “interessate a garantirsi il controllo del territorio con la solita metodologia delle imposizioni e dei condizionamenti violenti anche all’attività amministrativa pubblica”. Cosche che, per i magistrati, “da tempo ormai si sono rese artefici della condizione di grave depressione che governa quelle aree calabresi, in tutto asservite alla prepotenza mafiosa che impone le proprie regole e opprime la popolazione con la violenza”.
L’inchiesta “Doppio sgarro” ha consentito di accertare ruoli e gradi degli affiliati per lo più membri della famiglia Spagnolo secondo i pm a capo della nuova “locale” di ‘ndrangheta operante a Stilo. La consorteria mafiosa era attiva nei danneggiamenti, nelle estorsioni e nei pascoli abusivi e, grazie anche alla disponibilità di armi, secondo i carabinieri, avrebbe ingenerato nella popolazione un diffuso timore e senso di omertà. (ANSA).