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Il Servizio Civile Universale percepito dai giovani: formazione e crescita personale o lavoro a basso reddito?

Redazione

A poche ore dalla scadenza dei termini per la presentazione delle candidature al Servizio Civile Universale, il  Dipartimento per le politiche giovanili ed il servizio civile universale ha emanato un decreto di proroga richiamando  il basso numero di domande pervenute ed acquisite mediante la specifica piattaforma telematica.  

Si tratta certamente di un provvedimento sensato e condivisibile che, tuttavia, testimonia la scarsa adesione dei  giovani al Servizio Civile, un dato di fatto sul quale è necessario operare una seria riflessione sia da parte degli enti  del Servizio Civile, moltissimi sono enti del terzo settore, che da parte del Ministero e del Governo.  

Com’è possibile, infatti, che proprio nella fase post pandemica caratterizzata dal desiderio di riprendere le relazioni  interpersonali bruscamente interrotte dal Covid 19, di vivere appieno tutti i luoghi della socialità, di ricostruire  opportunità ricreative ed aggregative, proprio i giovani stiano manifestando un così palese disinteresse verso  l’istituto del Servizio Civile che fa proprio dello stare insieme e dell’apertura alla società civile uno dei suoi maggiori  punti di forza?  

Non vorremmo che un istituto così importante come il servizio civile, conquistato con fatica e simbolo di  fondamentali valori costituzionali come la partecipazione, la democrazia, la non violenza fosse oggi svilito nella  sua funzione principale, quella della formazione dei giovani, per divenire un luogo in cui i giovani magari  percepiscono la loro attività come mero sfruttamento lavorativo, diventando così molto meno attrattivo ed  apprezzato.  

Bisognerebbe anche interrogarsi rispetto ad alcune modifiche al sistema del servizio civile introdotte nell’ambito  della riforma del terzo settore come ad esempio il requisito minimo del numero di trenta sedi per essere  accreditati come ente di servizio civile che sembra privilegiare gli accorpamenti e la centralizzazione a discapito  delle piccole realtà di terzo settore che magari, nei territori, potrebbero garantire un rapporto con i volontari più  coinvolgente e più diretto, più distante dalla dimensione burocratica e più vicino alle comunità.  

Sarebbe forse il caso di porsi anche domande del genere, probabilmente scomode, al fine di poter analizzare con  serietà le cause della bassa adesione al servizio civile da parte dei giovani. Certo è che bisogna avere il coraggio di  avviare un dibattito pubblico sulla questione proprio per dare un rinnovato impulso al sistema del servizio civile e  per consentire ai nostri giovani di vivere e praticare quei valori costituzionali che anche attraverso i progetti di  servizio civile possono e devono ritornare a guidare la nostra comunità.  

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