Ci avevano preparato, in occasione della presentazione del cartellone 22-23: la nuova stagione del “Teatro Incanto” sarebbe stata quella del grande salto, “un invito – dichiarava il direttore artistico Francesco Passafaro – a superare i limiti di una programmazione prettamente amatoriale, provando a produrre degli spettacoli che hanno voglia di uscire dalla città ed essere presentati in giro per la regione e, perché no, anche per l’Italia visti i temi trattati”. E così è stato. Basta riflettere sullo spettacolo andato in scena ieri sera: poco più di un’ora di emozioni intense, di un recitato vibrante ed intenso, grazie anche ad una preparazione attenta degli attori, per restituire al pubblico in sala, chiamato ad animare il dibattito al termine della rappresentazione, pagine della storia recente del nostro Paese. Immagini e parole intrise di valori da preservare, custodire e tramandare nel nome della memoria di uomini che hanno sacrificato la vita per la democrazia e la legalità, anche per le giovani generazioni che non ne conoscono l’essenza. E che spettacoli come quello scritto e diretto da Francesco Passafaro hanno il grande merito di tramandare e rinnovare.
“Giovanni e Paolo, gli antieroi” – andato in scena domenica e in replica fino a domani alle 10.30 per le scuole superiori – è uno spettacolo intenso, capace ti toccare le corde dell’emotività e della riflessione su temi sempre attuali che appartengono alla storia recente del nostro Paese, e con esse alla nostra memoria collettiva.
A oltre 30 anni dalla scomparsa dei due magistrati, si sente ancora più forte la necessità di prendere esempio da due uomini come tanti altri che hanno cambiato, in meglio, il destino del loro paese.
Andrea Camilleri ebbe modo di definirli come le nostre “Torri Gemelle”, e non a caso il sipario si alza idealmente su un altro evento drammatico, uno spartiacque nella storia contemporanea: un attentato alla democrazia, un momento in cui il mondo è cambiato e tutti ricordiamo di preciso cosa stavamo facendo nel momento in cui venivano abbattute. Esattamente come ricordiamo il momento in cui Giovanni e Paolo sono stati uccisi, sacrificati alla storia per combattere la mafia nella tutela della democrazia e della legalità, morti da eroi. Senza volerlo, perché, dice Borsellino all’amico di sempre, Falcone: “Noi siamo gente normale che vorrebbe raddrizzare quel che è ingiusto”.
In una dimensione non molto chiara, ma in un posto molto preciso, si trovano Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, i due magistrati che stanno preparando il maxi-processo di Palermo, che porterà alla condanna di centinaia di sospettati per associazione a delinquere.
Sul palco, domenica, Roberto Malta a interpretare Paolo Borsellino, Michele Grillone nei panni di Giovanni Falcone, alternati – rispettivamente – negli altri spettacoli da Francesco Passafaro e Stefano Perricelli.
I due magistrati, certi di fare semplicemente il proprio dovere, sono consapevoli che quello che stanno facendo avrà un’enorme ricaduta sul futuro del loro paese e delle loro vite, consci del fatto che sfidare la mafia non è una cosa semplice. Non hanno molto a disposizione, due scrivanie sulle quali riporre le loro importantissime carte e una fotocopiatrice, che funziona a tratti, per la quale hanno dovuto lavorare parecchio.
Quelle scrivanie e quella fotocopiatrice dalle quali dipenderà il loro destino e quello di tutto il nostro paese. Ma durante la loro conversazione giunge a colloquio una donna molto misteriosa, una donna che dice di sapere tutto quello che gli sta accadendo e che gli accadrà e che è venuta per capire se i due magistrati vogliono conoscere il loro futuro. Si tratta di Marta (interpretata da Francesca Guerra ed Elisa Condello), che ad alcuni è sembrata un angelo, ad altro la voce di una coscienza che viene dal passato: ed è stato interessante scoprire proprio nel dibattito successivo le diverse visioni, che Passafaro ha lasciato volutamente libere di spaziare senza ingabbiare il personaggio in alcuna definizione.
Giovanni e Paolo, dapprima scettici, capiscono che la donna è realmente informata di fatti segretissimi, di fatti che dovrebbero conoscere soltanto loro e decidono di darle ascolto; quello che accadrà di lì in avanti ha dell’incredibile e andrà a sconvolgere le menti e i cuori dei due protagonisti e del pubblico che sta ad ascoltare. Al termine dello spettacolo, anche una video intervista di una donna presente in Via D’Amelio durante l’attentato che costò la vita al giudice Borsellino: si tratta di Carlotta, giovanissima all’epoca dei fatti.
Uno spettacolo rivolto a chi vuole ricordare l’opera di due uomini coraggiosi, di due persone con un fortissimo senso del dovere che sono state lasciate sole nel momento più importante, proprio quando avevano più bisogno di sostegno e che vuole aiutare la società moderna a non dimenticare.
Un momento importante, come sottolineato anche nel corso del dibattito sviluppato con interesse e partecipazione al termine dello spettacolo realizzato in particolare per le scuole secondarie. E domani l’ultima matineé.