Il primo marzo scorso Lei, Sig. Presidente, in rappresentanza della Regione Calabria alla Conferenza delle Regioni, ha votato a favore del disegno di legge Calderoli per l’Autonomia Differenziata.
Non risulta che Lei, in preparazione di questa Conferenza, abbia sentito in apposite audizioni pubbliche alcuno degli interlocutori istituzionali che su questa delicata materia avrebbero potuto manifestare il proprio orientamento così contribuendo ad una decisione sostenuta da adeguata
istruttoria con apporti, anche tecnici e giuridico-costituzionali, che le sarebbero arrivati da più parti, tutte qualificate, in quanto parti istituzionali.
Lei non ha sentito l’Associazione dei Comuni, le Associazione del Terzo Settore, i Sindacati dei lavoratori e le Associazioni datoriali (imprese, industria, commercio), il mondo scientifico universitario, quello professionale ordinistico nonché ogni altro organismo o formazione sociale che dovevano essere sentiti in base ai princìpi sulla partecipazione e dei corretti rapporti istituzionali su scelte così strategiche.
E così Lei è andato a quella Conferenza forte del suo convincimento personale e delle direttive nazionali del suo partito ma privo di ogni contributo qualificato, non importa se favorevole o contrario. Lei si è espresso su una questione che è strategica più di ogni altra perché tocca gli equilibri tra Stato e Regioni e perciò, in ultima analisi, l’assetto costituzionale; si è espresso su una questione che per la Calabria è ancora più cruciale perchè l’Autonomia Differenziata di Calderoli produrrà, secondo il giudizio di molti, un ulteriore e definitivo distacco delle Regioni del Sud rispetto a quelle del Nord in termini di assetti sociali ed economici compromettendone ancor di più lo sviluppo.
Lei sa bene, sig. Presidente, che la partecipazione è un istituto di democrazia ma ancor prima è un istituto giuridico che garantisce l’efficacia dell’azione amministrativa e la fondatezza delle scelte strategiche. La partecipazione non vincola in alcun caso il decisore finale ma ne arricchisce l’informazione, ne sostiene le scelte, fa valutare bene le cose anche per gli aspetti più controversi. Di modo che è proprio l’Amministratore Pubblico, più che i cittadini e le formazioni sociali, che trae maggior vantaggio da questo istituto ormai introdotto nel nostro ordinamento da molto tempo. La partecipazione, si può dire, riduce la possibilità di errore e, all’opposto, aumenta la qualità e la motivazione delle scelte.
Peraltro, l’attuazione della partecipazione non è solo una questione di “stile politico ed amministrativo” che un amministratore pubblico può anche non avere di suo (ahilui!); e non è neppure una graziosa concessione del sovrano ai cittadini perché questi, invece, ne hanno già diritto pieno. La
partecipazione è un vero e proprio obbligo istituzionale come prevede lo Statuto Regionale della Calabria il quale valorizza “la partecipazione popolare e delle autonomie locali alle funzioni legislativa ed amministrativa, nonché al controllo dell’azione dei poteri pubblici (all’art. comma 2 lettera L Statuto); d’altra parte la legislazione nazionale a proposito della trasparenza, sollecita tutte le Amministrazioni “a promuovere la partecipazione degli interessati all’attività amministrativa e favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche (…).La partecipazione è condizione di garanzia (…)dei diritti civili, politici e sociali, integra il
diritto ad una buona amministrazione e concorre alla realizzazione di una amministrazione aperta, al servizio del cittadino” (art. 1 Decreto legislativo – 14/03/2013, n.33 come modificato ed integrato dall’art. 2 comma 1 Decreto Legislativo 25/05/2016 n. 97 sulla trasparenza).
Una considerazione va fatta anche sul ruolo del Consiglio Regionale in questa vicenda. L’art. 16 dello Statuto stabilisce che il Consiglio Regionale “nella sua funzione di rappresentanza della società calabrese (…) definisce l’indirizzo politico della Regione (…) svolge funzioni di indirizzo e di controllo sulla Giunta regionale”. Sennonché il Consiglio Regionale non ha neppure discusso il disegno di
legge Calderoli sull’autonomia differenziata ed anzi ha respinto le pur legittime richieste dell’opposizione di convocazione straordinaria ad hoc. Pessima figura! Omissione grave, gravissima che offende questa Istituzione e tutti i calabresi che l’hanno eletta a prescindere dai loro orientamenti politici. Credo che i Calabresi non sappiano cosa farsene di un Consiglio Regionale così omissivo e prono ai diktat di Calderoli & Co.
Nel frattempo costui, il Calderoli, leghista secessionista della prima ora, presidente del Parlamento Padano con sede in Mantova (2003, 2007, 2011-…), autore della legge elettorale “porcata” come da lui stesso definita, già condannato in primo grado per le offese razziste alla Ministra Kienge
(da lui paragonata ad un orango), fomentatore di odio religioso (vedi episodio della maglietta blasfema anti-islam esibita in TV che provocò proteste e disordini a Bengasi con undici morti; vedi pure episodio del maiale da lui portato ad urinare in un terreno lombardo destinato ad una moschea per provocare il massimo del sacrilegio e di offesa per quei credenti), gode del voto favorevole della nostra Regione e corre come un treno. D’altra parte, il rapinatore ha fretta di portare a termine la rapina. E
tanti stanno con le mani in alto a farsi rapinare.
Sig. Presidente,
Lei ha più volte detto dall’inizio della sua legislatura di avere trovato la Calabria in macerie. Condivido il suo pensiero ma le raccomando, non faccia in modo che si aggiungano alle macerie preesistenti altre macerie stavolta procurate da Lei e da Lei soltanto.
Distinti saluti
Avv. Ernesto Mancini