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RIPEPI: E’ tempo di reagire! Istituzione della Regione dello Stretto e Rheggio senza Calabria

Redazione

“E’ giunto il tempo che Reggio Calabria diventi Rheggio e che si realizzi, come previsto dall’articolo 132 comma 1°della Costituzione, la ventunesima regione dell’Italia: la Regione dello Stretto formata dalle due città metropolitane di Reggio e Messina” così dichiara il Consigliere Comunale Massimo Ripepi.

Le storiche umiliazioni della nostra città hanno raggiunto il colmo e la risultante è il degrado, frutto  di tradimenti e scippi, che passano per la mancata concessione delle funzioni alla città metropolitana  fino ad arrivare, ai nostri giorni, ad un emblematico, quanto vile, oltraggio alla cittadinanza; tanto più grave poiché fa leva su un elemento semplice ma significativo come la fede calcistica.

E’ tempo di reagire.

L’articolo 132 della nostra Costituzione prevede che si possa creare una nuova Regione secondo le disposizioni contenute nel 1° comma che statuisce che,  sentiti i Consigli Regionali, si possa disporre la fusione di Regioni esistenti o la creazione di nuove Regioni con un minimo di milione di abitanti, quando ne facciano richiesta tanti Consigli Comunali che rappresentino almeno un terzo delle popolazioni interessate, e la proposta sia approvata con referendum dalla maggioranza delle popolazioni stesse.

Quindi inizieremo una raccolta firme, allo scopo di consultare la popolazione reggina, prodromica alla realizzazione di una mozione da portare in Consiglio Comunale e che dia impulso all’inizio della procedura.

“Prote, megiste, kalliste”: essere la Prima, la Più grande, la Più bella, tali erano i requisiti che Greci e Romani richiedevano in antichità alla capitale di ciascun territorio; argomentazioni che si specchiano ancora oggi sulle incantevoli acque dello Stretto decantate dal leggendario Ulisse, verseggiate da Ibico, ma che gli occhi del più semplice degli uomini, nel presente, scoprono nella varietà dei paesaggi fecondi di bellezza e mito, dove le unicità sono la regola. Fu la Prima, Reggio, assieme alla dirimpettaia Messina, scelta per diventare culla d’Italia, ad ospitare scuole di filosofia arte e letteratura che sospingono ancora oggi il progresso dell’umanità.

Spazio e tempo, passato e presente, convergono sullo Stretto come luogo privilegiato per storia e collocazione geografica di centrale valenza strategica e, soprattutto, nel mutato assetto mediterraneo e globale che vede i poli economici in inesorabile inversione (lo sviluppo del Porto di Gioia ne è un esempio lampante).

Tutti gli elementi rispondono all’appello della chiamata alla prosperità e sono gli stessi che quasi tremila anni fa ne fecero la Terra Promessa del popolo più progredito della Terra, dando vita alla Rhegion capitale della Magna Grecia; tutti tranne la volontà e la determinazione di un popolo disorientato ed una classe politica affievolita sino al ridicolo. Da troppo tempo la storia trova questi territori impreparati a cogliere il ruolo che loro è riservato. Voltarsi di fronte alla desolazione del bene sprecato, della gioventù dispersa e della bellezza profanata non è più possibile. Anche se una presa di coscienza è un doveroso passo da affrontare verso l’azione, un’operazione che, se condotta con onestà, dovrà vederci tutti fare ammenda per mutismo, vigliaccheria e opportunismo. Costumi che impediscono di essere ciò che siamo chiamati ad essere.

Il degrado attuale, che attraversa in maniera trasversale e capillare ogni area del tessuto cittadino, dall’economia alla cultura, dalla sanità ai trasporti per finire all’incubo della sporcizia e dell’incuria, sono la combinazione di circostanze politiche, ma soprattutto di opportunità mancate, che non sono state interpretate da una classe politica aliena e incompetente, sempre in dissincronia con la realtà reggina, piccina e ripetutamente prostituita al proprio microscopico interesse di poltrona. Bisogna ricordare che qualche secolo prima di Cristo in queste terre si praticava la partecipazione collettiva alle decisioni pubbliche; la democrazia allora, ed ancor più oggi, è possibile e non si crea senza partecipazione.

Del resto, l’amministratore della cosa pubblica dovrebbe per definizione avere come obiettivo il bene comune, non solo come requisito etico, ma come peculiare prerequisito della propria professione. Non si tratta di un’ottica catechistica, ma dell’esito di studi autorevoli, come quello dell’economista premio Nobel per l’Economia Jean Tirole.

La guerra è iniziata e le battaglie sono tante. Forza reggini siate coraggiosi, liberi e forti.

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