Far rispettare la legge, liberare il paesaggio, mettere in sicurezza il territorio. È su queste tre direttrici che si muove la campagna nazionale “Abbatti l’abuso” di Legambiente che ogni anno fornisce dati, numeri e storie di un’Italia che arranca nel rispristino dei luoghi e della legalità. Il rapporto tra sequestri e demolizioni è bassissimo, tanto che i casi di procedimento avviati, molto spesso più per via giudiziaria che amministrativa, che si concludono con l’intervento delle ruspe sono pochissimi.
La Calabria è tra le regioni più esposte alla pressione del “mattone illegale” collocandosi stabilmente ai primi posti per numero di reati relativi al ciclo del cemento nell’annuale Rapporto Ecomafia di Legambiente, realizzato in collaborazione con le forze dell’ordine e le Capitanerie di Porto.
Ma non solo, la nostra regione presenta un tasso di trasparenza molto basso: nel monitoraggio già effettuato lo scorso anno da Legambiente soltanto 54 Comuni su 404 hanno fornito risposte complete. In base ai dati, le ordinanze di demolizione emesse sono state 6.197, quelle eseguite appena 598, pari al 9,6% del totale, a fronte di una media nazionale molto più alta e le trascrizioni al patrimonio immobiliare pubblico, dal 2004 al 2023, sono state appena 75, pari all’1,2%. Una situazione di stallo che ha indotto l’amministrazione regionale a commissariare diversi Comuni, nell’ambito di un cambio di passo caratterizzato anche dalla demolizione di “ecomostri” come quello di Melissa.
“Con l’approvazione, ieri, da parte della Giunta regionale, su impulso del Presidente Roberto Occhiuto, della proposta di collaborazione avanzata da Legambiente per il coordinamento e il monitoraggio in materia di vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia – affermano la presidente regionale di Legambiente Anna Parretta e il presidente nazionale dell’associazione Stefano Ciafani –si segna in Calabria, un punto di svolta nel contrasto all’illegalità nel ciclo del cemento. La conoscenza del fenomeno attraverso la risposta da parte delle diverse istituzioni coinvolte, infatti, è il primo passo fondamentale per mettere in campo una vera e propria strategia regionale di contrasto dell’abusivismo edilizio, che rappresenta in Calabria e più in generale nel Mezzogiorno una grave e persistente minaccia all’ambiente, alla sicurezza dei territori e all’economia sana, a partire dalla stessa edilizia”.
Il protocollo d’intesa, il primo del genere in Italia, prevede di realizzare, nell’anno in corso, un’attività di monitoraggio sulla base di quella sviluppata a livello nazionale. La richiesta di collaborazione verrà rivolta ai Comuni, alle Province e alla città metropolitana di Reggio Calabria, alle Procure e alle Prefetture, con la richiesta di dati sulle ordinanze di demolizione emesse, quelle eseguite, le trascrizioni al patrimonio pubblico degli immobili abusivi, i dati tramessi alle Prefetture dai Comuni, i provvedimenti di abbattimento emessi e quelli eseguiti dagli uffici giudiziari.
Al termine del monitoraggio sarà redatto un rapporto che consentirà di valutare le dimensioni del fenomeno, per come emergeranno dai dati raccolti, le azioni da intraprendere e le criticità da risolvere. Nel rapporto verranno anche condivise proposte per rendere più efficace l’azione di contrasto, a livello regionale e nazionale, del fenomeno dell’abusivismo edilizio.
“Quello del mattone illegale, diffuso soprattutto lungo le aree costiere, ma anche l’entroterra, è un vero macigno per la Calabria – concludono Parretta e Ciafani –destinato ad aggravarsi per gli effetti della crisi climatica. Quando si verificano eventi metereologici estremi, ormai con puntualità drammatica e con un sempre più pesante carico di danni e di vittime, la questione del “costruito dove non si doveva” torna alla ribalta e tutti, politici, media, cittadini, concordano sul fatto che una casa abusiva non vale la vita delle persone. Poi, passata la tragedia, ci si dimentica, come in un incantesimo, dei rischi enormi costituiti dalle costruzioni abusive realizzate spesso, persino nei letti dei fiumi o in zone franose”.