Un ente permeabile “ai condizionamenti esterni della criminalità organizzata” con “concreti, univoci e rilevanti elementi del condizionamento dell’ente locale da parte della criminalità organizzata di tipo mafioso”.
Sono alcuni dei passaggi delle motivazioni con cui il Consiglio dei ministri ha sciolto, il 23 aprile scorso, il Comune di Tropea per infiltrazioni mafiose contenuti nella relazione del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi.
La richiesta di scioglimento si concretizza dopo la riunione del comitato di ordine e sicurezza pubblica del 21 febbraio 2024 quando il prefetto Paolo Giovanni Grieco ha dato atto del condizionamento, a cominciare dal “sostegno prestato dalla cosca di ‘ndrangheta storicamente egemone sul territorio di Tropea (la Rosa, ndr) al sindaco ed alla sua lista in occasione del turno elettorale straordinario del 21 ottobre 2018”.
Nella relazione di Piantedosi si parla anche dell’operazione antimafia “Olimpo” del 26 gennaio 2023 che ha messo in luce “contenuti che attestano il sostegno prestato dalla locale cosca di ‘ndrangheta a colui che è stato eletto sindaco” Giovanni Macrì. Le verifiche della commissione di accesso hanno portato alla luce, scrive il ministro, “un’intricata rete di rapporti parentali e di assidue frequentazioni tra questi ultimi, componenti dell’apparato burocratico ed esponenti delle locali consorterie, e questo ha condizionato l’attività amministrativa in favore di ambienti controindicati”.
Per il sindaco Macrì, il suo vice Roberto Scalfari ed un assessore comunale “sono posti in rilievo gli stretti legami per rapporti parentali e/o assidue frequentazioni intercorrenti con esponenti della locale criminalità organizzata, interessati anche da reati associativi”. La sottolinea la “vicinanza e la convivialità di tali rapporti e gli stretti legami intercorrenti fra la moglie del maggiorente della cosca”, rinviato a giudizio per associazione mafiosa; “la madre di un candidato, divenuto poi assessore e che riveste un ruolo di primo piano nell’ambito dell’amministrazione; la moglie del candidato, divenuto poi sindaco; nonché la moglie di un appartenente alla citata cosca, anch’egli attualmente rinviato a giudizio anch’egli per associazione mafiosa”.
Nella relazione del prefetto si rileva, poi, come “a partire dal 2019 buona parte degli affidamenti di lavori o servizi sia stata appannaggio di imprese riconducibili alle cosche facenti parte della ‘Locale di Mileto’, così come messo in luce nell’operazione “‘aestrale-Carthago'”. Anche gli affidamenti diretti di somma urgenza sono finiti al vaglio degli investigatori come quelli a seguito dell’ondata di maltempo del 2020: “I lavori in questione, sebbene assegnati ad alcune ditte indicate nella perizia di somma urgenza, sono in parte eseguiti, come accertato dalla Guardia di finanza di Vibo, da soggetti intranei alla cosca. Gli stessi mezzi meccanici utilizzati risultano tutti intestati a membri della locale famiglia di ‘ndrangheta”.