“I due pakistani erano i responsabili dei passeggeri, ma erano anche loro passeggeri”.
Lo ha detto Gun Ufuk, il cittadino turco condannato a 20 anni di reclusione per il naufragio del 26 febbraio 2023 nel procedimento con rito abbreviato, nel corso del processo con rito ordinario davanti al Tribunale di Crotone.
Ufuk è stato sentito come testimone della difesa di Sami Fuat, turco di 51 anni, uno dei tre imputati, gli altri sono Khalid Arslan (26), e Hasab Hussain (23) entrambi pakistani.
L’udienza è iniziata con la richiesta avanzata dell’avvocato Teresa Palladini al collegio penale presieduto dal giudice Edoardo D’Ambrosio di perizia psichiatrica per Fuat. “Non riesco a fargli comprendere il rischio che sta correndo – ha detto il legale -. Ho chiesto se vuole dare spontanee dichiarazione e mi ha detto che ballerebbe”. Il Tribunale, però, anche in base all’opposizione del pm, Pasquale Festa, ha rigettato la richiesta per “assoluta carenza di documentazione medica”. Lungo e difficile, per la difficoltà di traduzione, l’interrogatorio di Gun Ufuk che, come aveva confessato durante il processo abbreviato, ha ribadito di essere stato a bordo della Summer Love come meccanico per non pagare il viaggio. “Ho conosciuto Sami Fuat – ha detto – sulla Summer Love quando siamo partiti da Izmir per andare in soccorso della prima imbarcazione in avaria dove c’erano gli altri migranti”. Ufuk ha escluso Fuat fosse uno degli scafisti:”stava seduto dietro senza fare nulla e non parlava con i passeggeri perché non comprendeva la loro lingua.
Non ha mai dato ordini ad alcuno, parlava solo con noi. Mi ha raccontato di essere uno scrittore e che voleva andare in Francia dal fratello”. Ufuk ha anche spiegato di aver saputo da uno dei trafficanti che Fuat aveva pagato il viaggio.
Il pm Festa ha invece chiesto a Gun Ufuk chiarimenti sulla posizione dei due pakistani. “La barca la guidavano Mohamed Abdessalem (già condannato a 20 anni) e Guler Bayram (deceduto a Steccato di Cutro) che si alternavano. I due erano responsabili dei passeggeri. Parlavano con loro se volevano qualcosa, se volevano salire in coperta. Hanno guidato la barca”.
L’affermazione ha causato la contestazione da parte di Khalid Arslan – che in carcere ha imparato l’italiano – il quale prima ha urlato: “lui è responsabile di aver ucciso 100 persone, io non sono scappato come ha fatto lui” e poi ha aggiunto: “in carcere ho litigato con lui”. Rispondendo a domande dell’avvocato Salvatore Perri, difensore di Arslan e Hasab Hussain, il testimone ha affermato: “Arslan parlava turco e faceva da interprete con noi. Bayram e Mohamed davano ordini ai pakistani di chiedere ai passeggeri se c’era qualcuno che aveva voglia di salire in coperta o aveva bisogno di qualcosa”. Il prossimo 6 novembre è stata fissata l’udienza per le conclusioni con le richieste di condanna del pubblico ministero.