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Petilia. Omicidio Vona: condanna in Cassazione, 30 anni agli assassini

Redazione

Trent’anni di carcere per Giovanni Castagnino, Francesco Garofalo, Pasquale Manfreda, Mario Mauro, Giuseppe Scandale e Giuseppe Pace; dieci in meno per Luigi Lechiara e Michael Pace, e poco più di quattro anni per Salvatore Comberiati.
Queste le decisioni della Corte di Cassazione a carico delle nove persone che erano accusate di aver ucciso Valentino Vona (l’allora 25enne ammazzato il 21 aprile del 2012 a Petilia Policastro, nel crotonese) e che avrebbero tentato di assassinare quello che sarebbe stato il reale obiettivo dei killer, ovvero il fratello, Giuseppe Vona (26enne).
La Suprema Corte – che ha vergato una sola assoluzione tra tutti gli indagati, quella di Tommaso Ierardi – in pratica ha confermato le condanne inflitte in Assise.
Vona venne ammazzato vicino ad un deposito di legna di località Marrate, area pedemontana petilina, raggiunto da un colpo di fucile alla gamba destra, da alcuni di pistola che lo avevano attinto all’addome e da un ultimo colpo, fatale, infertogli alla testa.

Il fratello Giuseppe riuscì invece a sfuggire all’agguato del commando. A lanciare l’allarme era stato lo zio della vittima che aveva ritrovato il corpo: i due fratelli si erano infatti recati da quest’ultimo, in campagna, per caricare della legna.
Anche il padre, Domenico Vona, era stato ucciso ma nell’aprile del lontano 1999 sempre nella popolosa città del crotonese.
L’ipotesi di allora fu che l’omicidio del 25enne e il tentato omicidio del fratello sarebbe stata la risposta all’assassinio di Vincenzo Manfreda, considerato il capo della cosca locale, ucciso esattamente un mese prima (il 24 marzo).
Gli inquirenti parlarono di un cosiddetto “traggiro di mafia”: l’omicidio di Manfreda sarebbe maturato cioè in ambienti vicini allo stesso ex capo cosca, nell’ambito di un riequilibrio interno della ‘ndrina; il tentato omicidio di Giuseppe Vona sarebbe nato invece per far credere che fosse il responsabile dell’assassinio dello stesso Manfreda.

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