Il Giudice delle indagini preliminari (Gip) di Ragusa, in Sicilia, Giovanni Giampiccolo, ha rigettato la richiesta della Procura locale e ha disposto il dissequestro della nave della Ong spagnola Proactiva Open Arms, ormeggiata al porto siciliano di Pozzallo dal 18 marzo scorso dopo il salvataggio di 218 migranti. L’imbarcazione era stata sequestrata su disposizione della Procura distrettuale di Catania, che aveva disposto il ‘fermo’ della nave a Pozzallo, indagando il comandante Marc Reig Creus, il capo missione Ana Isabel Montes Mier, e il coordinatore generale dell’Ong, Gerad Canals, per traffico di immigrazione clandestina e associazione per delinquere.
Secondo la Procura distrettuale di Catania, l’obiettivo degli indagati sarebbe stato quello di salvare migranti e portarli in Italia, senza rispettare le norme, anzi violandole scientemente.
La contestazione è stata mossa dopo lo sbarco della nave a Pozzallo, dove è arrivata il 18 marzo con 218 migranti. Un approdo avvenuto dopo il rifiuto di consegnare i profughi salvati a una motovedetta libica e due giorni di trattative diplomatiche. Ma anche dopo, secondo l’accusa, la mancata richiesta di potere sbarcare a Malta nelle cui acque c’è stato la consegna di un bambino di e una madre che avevano bisogno di cure immediate. Una ricostruzione sempre contestata dai difensori della Ong che hanno depositato diverse memorie difensive e hanno deciso di non fare presentare i loro assistiti all’interrogatorio fissato dalla Procura di Catania perché “non è il giudice naturale dell’inchiesta”, e per la “sensazione” di volere a “tutti i costi monopolizzare le indagini in questa vicenda”.
Il giudice di Ragusa ha sottolineato per la condotta della nave dell’ong “la configurabilità della causa di giustificazione dello stato di necessità”, osservando al riguardo che a parere “di questo giudice le operazioni Sar di soccorso non si esauriscono nel mero recupero in mare dei migranti, ma devono completarsi e concludersi con lo sbarco in un luogo sicuro come previsto dalla Convenzione Sar siglata ad Amburgo il 1979”. Per il Gip, un luogo sicuro è quello “dove la vita delle persone soccorse non è più minacciata e dove è possibile fare fronte ai loro bisogni fondamentali, come cibo, riparo e cure sanitarie”.
E, aggiunge nel decreto, “secondo informazioni disponibili in Libia avvengono ancora gravi violazioni dei diritti umani”.
“Sono felice, finalmente abbiamo avuto ragione, come abbiamo sempre sostenuto, ma non era scontata una decisione del genere”, ha detto l’avvocato Rosa Emanuela Lo Faro, che assiste il comandante Marc Reig Creus. “Tutto è bene quello che finisce bene, ma abbiamo vinto una ‘battaglia’, credo che la guerra legale non finisca oggi, ma continuerà e sarà lunga”, ha sottolineato l’avvocato Alessandro Gamberini, che difende il capo missione Ana Isabel Montes Mier.