In media sono ancora 104 i giorni che impiega la pubblica amministrazione italiana per pagare i fornitori, 57 in più rispetto alla media europea e ben 74 in più rispetto ai 30 previsti dalla direttiva Ue. È quanto emerso nel corso di un’audizione alla commissione mercato interno dell’Europarlamento, in cui si è fatto il punto sullo stato di attuazione della direttiva sul ritardo dei pagamenti del 2011. In questa sede la Commissione Ue ha ricordato che l’Italia è già stata deferita alla Corte di giustizia Ue per rispondere dell’inadempienza rispetto alla norma europea. E gli imprenditori italiani Sergio Bramini (Incom) e Rossella Pezzino De Geronimo (Dusty) hanno raccontato le loro esperienze.
Mancanza di flusso di capitale, ma anche cattiva gestione delle procedure e lunghi contenziosi in caso di inadempimenti sono tra i motivi del persistere di ritardi, ha detto l’eurodeputato Sabine Verheyen che ha sostituito nella conduzione del dibattito Lara Comi, tornata in Italia per motivi familiari. Riscontrate nei primi anni di attuazione anche pratiche sleali e tecniche dilatorie da parte delle Pa, come la richiesta di rinuncia agli interessi e imposizioni contrattuali di termini di pagamento superiori ai 60 giorni.
A portare l’esperienza delle Pmi italiane, l’imprenditore Sergio Bramini, la cui azienda Icom era fallita dopo aver accumulato un credito di 4 milioni nei confronti dello Stato, e recentemente chiamato al Mise come consulente. “Chiedo che l’Europa faccia qualcosa per chi rischia di chiudere la propria impresa e per le centinaia di imprenditori che in Italia si sono suicidati per questo motivo” ha detto Bramini.
Dello stesso tono l’altra imprenditrice intervenuta, Rossella Pezzino De Geronimo manager dell’azienda catanese Dusty operante nel settore rifiuti. “L’Ue deve costringere l’Italia a pagare e a rispettare in futuro i termini della direttiva.” Una rappresentante della Commissione europea ha riconosciuto le ripercussioni positive della direttiva, ma anche le debolezze strutturali sul lato attuativo e ha rassicurato gli operatori italiani: “Stiamo conducendo una politica molto rigorosa e abbiamo portato per questo motivo Italia e altri Stati membri con ritardi eccessivi alla Corte di giustizia Ue”.