Dopo i neutrini che danno ragione ad Einstein, adesso la sua teoria della relativitàsupera per la prima volta il test , nelle vicinanze di un buco nero. Osservazioni durate 26 anni con il Very Large Telescope dell’Osservatorio Europeo Meridionale (Eso), in Cile, rivelano gli effetti previsti dalla relatività generale sul movimento di una stella che passa vicino al campo gravitazionale estremo di un buco nero. Il risultato, pubblicato sulla rivista Astronomy and Astrophysics, si deve al gruppo coordinato da Reinhard Genzel, dall’Istituto tedesco Max Planck per la Fisica Extraterrestre a Garching.
Il buco nero protagonista del test è quello supermassivo che si trova al centro della Via Lattea, distante 26.000 anni luce dalla Terra. Questo mostro gravitazionale, che ha una massa quattro milioni di volte quella del Sole, è circondato da un piccolo gruppo di stelle che orbitano attorno ad esso ad alta velocità. Questo ambiente estremo (il più forte campo gravitazionale nella nostra galassia) lo rende il posto perfetto per testare la teoria della relatività generale di Einstein e per questa ragione viene monitorato con il Vlt da 26 anni.
Nel maggio 2018, gli astronomi hanno seguito una delle stelle che circondano il buco nero, chiamata S2, nel momento in cui è passata molto vicino al mostro cosmico, raggiungendo la distanza minima di nemmeno 20 miliardi di chilometri, muovendosi a una velocità superiore a 25 milioni di chilometri l’ora, quasi il 3% della velocità della luce.
Il ricercatori hanno confrontato le misure relative aposizione e velocità della stella fatte nei precedenti 26 anni con quelle fatte durante l’avvicinamento al buco nero. E’ emerso così che le nuove misure rivelano chiaramente un effetto, nella luce della stella, chiamato redshift gravitazionale. In pratica la luce viene allungata a lunghezze d’onda maggiori dal campo gravitazionale molto intenso del buco nero, in perfetto accordo con quanto previsto dalla teoria della relatività generale di Einstein.