Tre frenate sugli utenti. Non è la prima volta che si parla di “fine dei social network” e i dati suggeriscono una domanda: è finita, se lo chiede anche il New York Times, l’epoca d’oro?
Facebook, Twitter, adesso Snapchat: alcuni dei maggiori social network del pianeta stanno soffrendo la penuria di utenti. Che crescono lentamente come mai prima (Facebook) o diminuiscono (Twitter e Snapchat). Cominciamo dall’ultima trimestrale, quella del fantasmino bianco.
Per Spiegel non è colpa del Gdpr
La frenata è generalizzata. Tanto che Evan Spiegel, a differenza di quanto fatto da Mark Zuckerberg, non cita neppure il nuovo regolamento europeo sulla privacy. È vero: Facebook ha un pubblico europeo molto più ampio e quindi più esposto. Ma, secondo Spiegel, non sono state le norme a frenare gli utenti. Sono stati gli errori fatti dal social. Il ceo ha infatti ammesso che la flessione è “dovuta principalmente al redisign” dell’app, avviata sei mesi fa. Gli utenti non l’hanno gradita e si sono allontanati. Non tanto cancellandosi (come suggerisce la crescita degli utenti mensili) quanto disaffezionandosi (cioè usandola meno tutti i giorni).
Spiegel ha sottolineato l’importanza del riscontro degli utenti, che hanno convinto Snap a cambiare (di nuovo) rotta. Per il trimestre in corso, però, niente miracoli. La società indica ulteriori progressi nel fatturato (previsto tra i 265 e i 290 milioni). Ma il responsabile finanziario Tim Stone, pur non fornendo previsioni sui numeri, ha affermato che “storicamente” gli utenti attivi “tendono a calare” nel terzo trimestre, sia su base annuale che nei confronti del periodo precedente. È vero: lo dicono gli ultimi due anni. La frenata potrebbe quindi proseguire. Anzi di più: pare essere strutturale.
Twitter cala, Facebook rallenta
Tra aprile e giugno, gli utenti quotidiani di Twitter sono cresciuti dell’11% anno su anno. Ma la piattaforma non ha svelato i numeri dietro le percentuali. Il mercato, quindi, ha guardato soprattutto al dato degli utenti mensili: sono 335 milioni, uno in meno rispetto al trimestre precedente. Anche in questo caso, quindi, stop e retromarcia. Twitter ha spiegato che la contrazione sarebbe dovuta soprattutto agli sforzi per ripulire il sito di microblogging da profili finti e dalla nuova regolamentazione europea sulla privacy. Facebook ha chiuso il trimestre con 2,23 miliardi di utenti mensili (meno dei 2,25 miliardi attesi) e 1,47 miliardi giornalieri (1,48 miliardi attesi). In entrambi i casi il progresso è dell’11% anno su anno.
Anche sua maestà Facebook, quindi, rallenta. Il tasso di crescita dei frequentatori quotidiani del social è stato dell’1,44% rispetto al trimestre precedente. Non c’è una fuga, ma è l’incremento più basso di sempre: fino a ora il dato peggiore era stato quello registrato nel quarto trimestre 2017, quando il progresso rispetto al terzo periodo era stato del 2,18%. Anche Facebook ha imputato il calo alle regole interne più restrittive e al Gdpr: in Europa il social ha perso 3 milioni di utenti rispetto a marzo.
La nuova parola d’ordine: lungo termine
“Lungo termine”. Sono le due parole magiche verso cui i social network stanno cercando di indirizzare lo sguardo di investitori e analisti. Per ora senza grande successo. A differenza di Snapchat, che ha retto in borsa grazie al conto economico oltre le attese (fatturato in aumento del 44% anno su anno, a 262 milioni di dollari, e rosso in calo del 20%, a 353 milioni), Twitter e Facebook sono precipitati dopo le loro trimestrali. Per difendere le operazioni di pulizia, la società di Jack Dorsey ha affermato che “sono nell’interesse della compagnia nel lungo termine”.
Anche Mark Zuckerberg ha parlato di questo cambio di prospettiva: “Gestiamo questa società guardando al lungo termine e non al prossimo trimestre”. E il cfo di Snap non ha parlato di utenti ma di “crescita del fatturato” e di “obiettivi di lungo termine”. E di nuovi modi per incassare anche con una platea uguale o poco più ampia di quella attuale. Tra le ipotesi c’è quella di far monetizzare ogni parte dell’app, inclusa quella che riguarda “la comunicazione”. Potrebbero quindi spuntare pubblicità anche mentre si scambiano messaggi diretti con i propri contatti.
È finita l’epoca d’oro?
Tre trimestrali, tre frenate sugli utenti. Non è la prima volta che si parla di “fine dei social network”. Recitare il de profundis è quantomeno prematuro, ma i dati suggeriscono una domanda: è finita – come si chiede anche il New York Times – la loro epoca d’oro? I numeri farebbero ipotizzare che, soprattutto nei Paesi tecnologicamente più maturi, i social stiano arrivando a un punto di saturazione. Come se ne esce? Una possibile risposta arriva proprio dai risultati di Snap. I dati mostrano quanto possa essere importante uno slittamento dal numero di utenti a una (ancora) più decisa valorizzazione individuale. La società genera ancora due terzi del fatturato in Nord America. Per riparare a questo squilibrio, le strade sono due: aumentare gli utenti altrove (tentativo, per ora, fallito) o guadagnare di più da ogni singolo utente. E da qui potrebbe passare la strada che va dalla saturazione alla maturazione.
In un anno, l’incasso medio dagli utenti del “resto del mondo” (cioè fuori da Europa, Usa e Canada) è cresciuto del 233%, toccando i 96 centesimi di dollaro. Molto meno che in Nord America (dove è di 2,21 dollari) ma già oltre l’Europa (66 centesimi). Un numero che, pur senza incrementare gli utenti, ha permesso al resto del mondo di generare 45 milioni di dollari (18 in più del trimestre precedente), superando per la prima volta l’Europa (ferma a 40 milioni). Ecco la strada: consolidare il proprio modello, accettando una platea che non potrà espandersi per sempre e curare gli utenti. Non tanto (o non solo) perché è “etico” ma perché permette di spremere ogni centesimo.
fonte: AGI