L’Agenzia Nazionale dei Monopoli di Stato ha diffuso in questi giorni i dati relativi al giro d’affari legato al gioco d’azzardo per il 2017. Leggendo questi dati scopriamo che a Crotone, la nostra Crotone, dove certamente non si naviga nell’oro, e dove il reddito pro-capite del 2017 è stato pari a € 16.179, nel 2017 sono stati giocati complessivamente centomilioni ottocentosessantaquattromilacinquecento sessantuno virgola settantatre euro. Proprio così: €100.864.561,73 con una perdita complessiva netta di € 16.786.116,22.
Un dato che fa riflettere, se confrontato con quello dell’intera provincia di Crotone sono stati giocati complessivamente 209.177.409 €, con un perdita netta di 36.505.919 €.
È una cifra impressionante che avrebbe potuto fare la differenza se, anziché finire nelle casse dello Stato, fosse entrata nel circuito di quell’economia reale con cui ci confrontiamo quotidianamente e che è orami stagnante da troppi anni.
È chiaro che in una situazione di grande fragilità e di sfaldamento quale quella della società crotonese, chi dovrebbe vigilare sul bene-essere dei cittadini dovrebbe applicare le leggi, che esistono, ma che, fino ad oggi, sono state ignorate. Ci riferiamo alla legge regionale n. 9 del 26 aprile 2018, Interventi regionali per la prevenzione e il contrasto del fenomeno della ‘ndrangheta, che invita le amministrazioni comunali a regolamentare gli orari di apertura delle sale slot – orari di apertura che non possono superare le otto ore giornaliere e, comunque, gli esercizi non possono restare aperti oltre le ore 22.00 – e la distanza delle sale slot che deve essere superiore a 500 metri da scuole di ogni ordine e grado, luoghi di culto, centri di formazione, impianti sportivi, ospedali ed altri luoghi cosiddetti “sensibili”, al fine di tutelare i “soggetti maggiormente vulnerabili”.
Purtroppo, nonostante siano trascorsi ben sei mesi dalla sua pubblicazione, ad oggi ancora nulla si è mosso. Le sale giochi continuano a moltiplicarsi e a prosperare h24 a pochi passi da scuole, di ogni ordine e grado, intorno all’ospedale, alle chiese, eccetera. È così complicato far rispettare la legge? È più semplice far curare i giovani, gli uomini, le donne che un po’ alla volta, una giocata dopo l’altra, cadono nella rete del gioco compulsivo?
I dati sono allarmanti e parlano da soli. Il nostro invito nei confronti di chi ci governa, se davvero ha a cuore il bene-essere dei cittadini e vuole tutelare gli interessi delle categorie più deboli, è quello di intraprendere azioni efficaci di contrasto al dilagare inarrestabile del gioco d’azzardo ed un primo passo può essere certamente la regolamentazione di quanto previsto nella legge regionale n. 9 del 26/4/2018.
L’Associazione Vivere In, come già fatto in più occasioni, è disponibile a mettere a disposizione delle Istituzioni cittadine l’esperienza acquisita in questi cinque anni di impegno profuso attraverso il Centro “La vita in gioco” e dalla sua adesione alla rete regionale Mettiamoci in gioco.