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Studio, Italia +0.06% Pil grazie ai fondi Ue investiti nell’Est Europa

Redazione

Per ogni euro speso in politiche di coesione nell’Est Europa, 9 centesimi tornano indietro grazie al commercio verso i Paesi cosiddetti ‘contributori netti’ come l’Italia (cioè che versano al bilancio dell’Unione più di quanto ricevano indietro). Nel medio termine, per l’Italia questo equivale a circa un miliardo di euro ovvero un aumento del Pil di 0,06 punti, il maggiore incremento fra i contributori netti (seconda è la Germania). È quanto emerge da uno studio commissionato dal Parlamento europeo e coordinato dalla società di consulenza italiana Ismeri Europa.

Gli effetti di ‘spillover’, cioè le ricadute economiche esterne, “sono una componente inseparabile delle politiche di coesione e producono risultati positivi sia nel Paese dove le risorse strutturali sono spese, sia in quello dove questi effetti si verificano”, scrivono gli autori della ricerca. Il documento, che ha preso in considerazione il periodo di programmazione 2007-2013, spiega che“il 15-20% dei fondi strutturali (Fesr, Feasr e Fondo coesione) produce effetti transfrontalieri diretti o indiretti”. Principalmente attraverso i flussi commerciali dai Paesi maggiori beneficiari (Est Europa più Grecia, Portogallo e Spagna) verso i territori con una maggiore capacità di esportazione, cioè i contributori netti. Nel lungo termine (2023) gli effetti totali della politica di coesione sui Paesi che meno ne beneficiano direttamente saranno “limitati ma positivi, cioè un aumento di circa lo 0,1% del Pil. In media il 40% di questa crescita aggiuntiva è dovuta agli effetti di ‘spillover'”.

“Gli effetti della politica di coesione non sono limitati al Paese dove i finanziamenti sono spesi”, quindi, “nel dibattito sul bilancio europeo 2021-2027 dovrebbero essere considerati”, scrivono i ricercatori, che chiedono di “promuovere e gestire l’utilizzo di questi effetti transnazionali”. Inoltre, lo studio propone anche di pubblicare i nomi e la nazionalità delle aziende che si aggiudicano gli appalti legati ai finanziamenti europei, in modo da facilitare il monitoraggio degli effetti di ‘spillover’.

 

 

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