I giudizi degli italiani sui servizi di welfare sono prevalentemente negativi. La sanità è il settore del welfare considerato più importante, su cui ci si aspetta un investimento da parte dello Stato per potenziare i servizi ai cittadini. Sono queste alcune dei risultati dell’indagine di Ipso presentata oggi durante il convegno “Welfare Italia forum 2018: aspettative degli italiani e strategie per il futuro”, organizzato da Unipol
L’indagine mostra come il giudizio degli italiani sui servizi di welfare sia complessivamente negativo, in quanto valutati in modo pessimo o scarso dal 61% della popolazione – con punte del 75% nel Centro Italia – e in modo ottimo o buono dal 33%, percentuale che sale al 39% nel Nord Ovest. Il 48% ritiene che i servizi debbano essere sempre garantiti a tutte le fasce di reddito, anche accettando un aumento delle tasse e una perdita di efficienza, mentre il 32% vorrebbe servizi più efficienti e con più libertà di scelta, anche a costo di pagarli e non poterli rendere accessibili a tutti.
Nel complesso, però, circa l’80% degli italiani è d’accordo sul fatto che il sistema sanitario di assistenza gratuita o a costi bassi sia sostenibile nel lungo periodo solo se si eliminano gli sprechi e i costi eccessivi della politica. Tra i vari settori del welfare, la sanità è considerato quello più importante, l’unico a raccogliere più giudizi positivi (48%) che negativi (47%), ma a prevalere è il disincanto: il 68% degli italiani vorrebbe che nei prossimi anni lo Stato spendesse di più rispetto ad oggi in sanità, ma soltanto il 15% è convinto che lo farà. Le preoccupazioni per il futuro riguardano soprattutto una possibile condizione di malattia o non autosufficienza (46%), l’inadeguatezza della pensione (36%), la difficoltà far fronte alle spese (30%) e la mancanza di una prospettiva lavorativa (29%). Il 54% vuole mantenere tutti i servizi di welfare gratuiti o a basso costo solo per chi è in condizioni di povertà. Solo il 22% degli italiani ha un’assicurazione sanitaria (e il 61% non intende farla), mentre il 30% ha un piano pensionistico integrativo.
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