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Con attività minerarie marine a rischio la biodiversità

Redazione

La perdita di biodiversità causata dall’attività estrattiva nelle profondità marine è inevitabile e forse irreversibile. A lanciare l’allarme è una lettera scritta da un team internazionale di 15 scienziati marini, economisti e legali, pubblicata sulla rivista Nature Geoscience.
Gli esperti chiedono che l’Autorità internazionale per i fondali marini, organizzazione fondata dall’Onu e responsabile dei regolamenti per le attività minerarie, riconosca il rischio e lo renda noto agli Stati membri e all’opinione pubblica. In questo modo, spiegano, fornirà informazioni necessarie al dibattito sull’opportunità o meno delle estrazioni e, in caso, sulle misure da prendere per minimizzare gli impatti sulla biodiversità.
“C’è una grande incertezza in merito alle risposte ecologiche delle estrazioni minerarie nei fondali profondi”, spiega Cindy L. Van Dove, docente di oceanografia biologica alla Duke University. “Un’attività mineraria responsabile deve basarsi su azioni di gestione ambientale che proteggano la biodiversità, e non su azioni non dimostrate o irragionevoli”.
Negli abissi si stima che si nascondano miliardi di tonnellate di rame, manganese, nichel e cobalto. Come osserva Elva Escobar dell’istituto di scienze marine dell’università nazionale autonoma del Messico, “i depositi sottomarini di metalli e terre rare non sono stati ancora sfruttati, ma c’è stata una crescita nel numero di domande per contratti minerari.
Nel 2001 c’erano solo sei contratti di esplorazione mineraria, mentre entro la fine del 2017 ci saranno complessivamente 27 progetti”.

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