Il day after dello stop di Paolo Gentiloni all’approvazione entro l’estate della legge sullo ius soli, il Pd oscilla tra amarezza e mugugni, e la determinazione ad andare fino in fondo. “Tenteremo il tutto per tutto”, assicurano gli uomini vicini a Matteo Renzi: votare il testo senza modifiche a settembre – spiegano – è l’ultima chance per farcela. Ma il sentiero è strettissimo, al Senato credere che la legge arriverà davvero in porto viene definito “un atto di fede”. Anche perché, osservano, la maggioranza si sfalda ogni giorno di più. Ora, dicono al Nazareno, starà al premier (magari, spera qualcuno, con una sponda del Colle), sfoderare le sue doti da mediatore per condurre in porto la riforma “giusta”.
“Mi auguro – sottolinea anche la presidente della Camera, Laura Boldrini, durate la cerimonia del Ventaglio – che il provvedimento sullo ius soli sia approvato entro fine legislatura. E’ giusto. E’ necessario. Rimandarlo sarebbe un torto, e i torti non portano bene”. “La cittadinanza – spiega – è lo strumento principe per l’integrazione. Evitare a chi nasce e studia in un Paese di sentirsi parte della società è impedire l’integrazione. Senza dare integrazione si alimenta la rabbia”.
“Lo ius soli è un dovere, sacrosanto. Il governo ha deciso di non mettere la fiducia e io sto dalla parte di Gentiloni sempre: sto al suo fianco e accetto questa decisione con cooperazione e collaborazione”, ha detto il segretario del Pd Matteo Renzi presentando il suo libro al Mattino.
Intanto fuori dai Palazzo il mondo delle associazioni e la Chiesa italiana spingono perché la legge venga approvata. Ma le destre cantano vittoria, con Matteo Salvini che minaccia di “bloccare le Camere” se “ci riproveranno” e Renato Brunetta che parla di “rinvio a san mai”. E il Pd si ritrova bersaglio di attacchi contrapposti dei due alleati di governo – Ap e Mdp. Mentre tra i Dem trapelano malumori verso Gentiloni e lo stesso Renzi (accusato di aver “scaricato” la questione sul premier), per aver “ceduto al partitino” di Alfano. E non passa inosservato il silenzio del segretario sullo ius soli nella sua newsletter, in cui Renzi non si sofferma su temi di stretta attualità ma lancia la conferenza programmatica Pd (per parlare di “futuro e non di carriere”). L’evento, cui plaude la minoranza, si terrà dal 12 al 15 ottobre, a dieci anni dalle primarie che incoronarono Walter Veltroni primo segretario del partito, e promette di essere il lancio del programma elettorale del Pd.
L’avvicinarsi delle elezioni politiche è un macigno che pesa intanto proprio sullo ius soli. Angelino Alfano, esaltando la “leadership” mostrata da Gentiloni, festeggia il rinvio come una vittoria “del buon senso perché fare la legge adesso, nel pieno degli sbarchi, sarebbe stato veramente contro ogni logica”.
Sbarchi di migranti sono due temi diversi e non vanno sovrapposti, è l’invito dell’ex premier Enrico Letta. Ma a destra la linea è marcata: Roberto Maroni ribadisce che Ap è fuori da ogni alleanza se vota la legge (un messaggio a cui sono sensibili anche i verdiniani di Ala). E così anche se Ap non si rimangia l’impegno a votare il testo in autunno, i voti dei suoi senatori sono a dir poco ballerini e la richiesta è modificare il testo. Una richiesta che irrita però il Pd: “Così salta la legge, rinvio dopo rinvio”, è il niet di Matteo Orfini, che parla di “indegna gazzarra razzista sulla pelle dei bambini”.
Da sinistra, Mdp butta la croce sul Pd, con Roberto Speranza, Arturo Scotto e la relatrice alla legge Doris Lo Moro: l’accusa è di essersi “piegato alla destra”. Come uscire dall’angolo? Il capogruppo alla Camera Ettore Rosato osserva che i partiti minori della maggioranza hanno fatto e faranno di tutto per differenziarsi e superare la soglia del 3% prevista dalla attuale legge elettorale: la previsione è quindi di “una legge di Bilancio difficile all’orizzonte”. E proprio questo, secondo alcuni parlamentari Dem, dovrebbe essere l’argomento di Renzi con Gentiloni, ma anche con il presidente Sergio Mattarella, garante della stabilità e sensibile ai temi sociali: prima della legge di bilancio il governo rinsaldi il patto tra i partiti che lo sostengono, incluso il via libera allo ius soli, o non si può pretendere che il Pd solo garantisca l’iter della manovra.
In mezzo, però, c’è l’estate. La legge al Senato verrà lasciata in fondo al calendario d’Aula fino a slittare a settembre: anche un voto sull’ordine dei lavori potrebbe essere a rischio.