L’indagine – condotta dal Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Reggio Calabria e coordinata dal Procuratore aggiunto Calogero Gaetano Paci e dal Sostituto Adriana Sciglio – è partita nell’estate del 2016 e avrebbe portato a scoprire l’esistenza di un’organizzazione che si occupava del traffico di stupefacenti. Anche un bambino di 8 anni era coinvolto nell’attività di un’organizzazione di trafficanti di droga, con base nella Piana di Gioia Tauro. Il bambino è il figlio di uno degli arrestati, accusati a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti.
A capo del gruppo – secondo gli inquirenti – vi sarebbe stato, Agostino Cambareri, 46enne di Gioia Tauro, che avrebbe contato in tal senso sulla collaborazione dei suoi congiunti oltre che di fidati collaboratori.
Per l’intera durata delle investigazioni l’organizzazione si sarebbe dimostrata in grado di rifornire di marijuana e cocaina importanti piazze di spaccio calabresi.
All’interno della struttura, poi, ciascuno degli indagati avrebbe avuto un compito ben definito. Ma sarebbero stati anche piuttosto “attenti”: come nelle comunicazioni tra di loro che avvenivano in un linguaggio cripticomutuato dal gergo automobilistico, con termini allusivi per riferirsi ai traffici ed ai quantitativi di droga da smerciare, con parole come ad esempio “macchina”, “tappezzeria” o “gomme”).