Il turismo balneare è una delle fonti principali di plastica in mare, dopo la cattiva gestione dei rifiuti e le discariche illegali. Il monitoraggio del progetto Clean Sea Life su 27 spiagge di 9 regioni italiane mostra come un terzo dei rifiuti sulle spiagge sia riconducibile al turismo balneare: giocattoli, puntali d’ombrellone, flaconi di creme solari, occhiali, ciabatte, costumi, riviste, involucri di gelati, caramelle, snack, mozziconi di sigaretta, bicchieri, cannucce, piatti, posate e bottiglie monouso ‘dimenticati’ in spiaggia ogni giorno dai turisti o dispersi a causa della limitata capacità di gestione dei rifiuti delle località balneari, spesso insufficiente a fronteggiare l’affluenza di Ferragosto.
“Basta scendere in spiaggia la mattina presto per trovare decine di bicchieri e cannucce di plastica degli happy hour – conferma Eleonora de Sabata, portavoce del progetto, co-finanziato dal programma LIFE della Commissione Europea, il cui capofila è il Parco Nazionale dell’Asinara -. Ma a fine giornata anche i cestini alle spalle della spiaggia sono spesso stracolmi: a quel punto basta un colpo di vento o il passaggio di un animale randagio per disperdere i rifiuti nell’ambiente.
Ogni oggetto dimenticato e non raccolto finisce per sbriciolarsi in una nuvola di frammenti di plastica – ed è anche per questa ragione che alcune zone del Mediterraneo, un mare praticamente chiuso, hanno la più alta concentrazione di microplastiche al mondo. La soluzione? Riportare i propri rifiuti a casa e smaltirli correttamente, dove possibile differenziandoli”.