La plastica che inquina gli oceani rischia di finire sulle nostre tavole non solo attraverso i pesci che la inghiottono, ma anche attraverso il sale. Dalla Cina agli Stati Uniti, passando per l’Europa, diversi studi hanno infatti dimostrato la presenza di microplastiche nel sale marino che viene usato in cucina. L’ultimo in ordine di tempo è stato realizzato dalle università di New York a Fredonia e del Minnesota, che lo hanno mostrato in anteprima al Guardian.
Nell’indagine i ricercatori hanno ricercato la presenza di plastica in sale, birra, e acqua potabile. Hanno analizzato 12 tipi di sale, tra cui 10 tipi di sale marino, arrivando a calcolare che ogni americano ingerisce in media 660 particelle di plastica ogni anno. E la cifra, rilevano, potrebbe essere superiore, poiché i dati delle autorità sanitarie mostrano che la stragrande maggioranza degli statunitensi consuma più sale di quanto raccomandato.
La plastica è “onnipresente, nell’aria, nell’acqua, nei pesci che mangiamo, nella birra che beviamo. E’ ovunque”, ha detto Sherri Mason, a capo della ricerca.
Lo studio statunitense segue a quello pubblicato ad agosto da un team di ricercatori spagnoli e condotto su 21 tipi di sale da cucina, ognuno dei quali risultato contaminato dalla plastica.
Stessi risultati sono stati raggiunti nei mesi scorsi da uno studio realizzato da scienziati inglesi, francesi e malesi, relativo a 17 tipi di sale di otto Paesi del mondo dall’Australia all’Iran, dal Giappone al Portogallo. La situazione non è migliore in Cina, dove già nel 2015 furono trovate microplastiche in 15 marchi di sale venduto nei supermercati.