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Armi, esplosivi e droga dalla Colombia: così il clan faceva “tremare” il paese

Redazione

Un vero è proprio  certosino lavoro di ricostruzione degli assetti e degli equilibri interni ed esterni alla cosca Cacciola, che insieme a quella dei Grasso, sono radicate nella Piana di Gioia Tauro e riconducibili alla cosiddetta società di Rosarno del mandamento tirrenico della provincia reggina.

Su questo gli inquirenti hanno indagato, a partire dall’anno scorso, avvalendosi anche delle dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia.

Informazioni che sono state attualizzate con un’articolata attività investigativa, avviata dal settembre dell’annoscorso dai Carabinieri di Gioia Tauro sotto la direzione della Dda, sotto l’attento coordinamento dell’Aggiunto Gaetano Calogero Paci e del Sostituto Adriana Sciglio. Gli inquirenti sostengono di poter dimostrare che l’originaria compattezza della cosca Cacciola si sarebbe affievolita già dopo la scomparsa nel 2013 di Domenico Cacciola, ucciso dai suoi sodali per lavare l’onta di una relazione extraconiugale con una donna riconducibile ad un altro clan, quello dei “Bellocco”, per l’appunto Francesca Bellocco, anche lei ammazzata e per mano del figlio,  Francesco Barone.

L’esplosione delle conflittualità si sarebbe registrata lo scorso 16 settembre, quando un “commando” – che si ritiene capeggiato da Gregorio Cacciola, 38enne figlio di Domenico – avrebbe tentato di sequestrare, di giorno ed in pieno centro a Rosarno, Salvatore Consiglio: lo scopo sarebbe stato quello di portarlo in un luogo isolato e ucciderlo.

La vittima designata, considerata come emergente della ‘ndrina dei “Grasso”, tradizionale cosca satellite dei “Cacciola”, è riuscita a scampare a morte certa solo reagendo prontamente al fuoco con una pistola che aveva in auto.

Dalla contestualizzazione di quell’episodio e dalle immediate investigazioni avviate dai militari sarebbe emersa una precisa chiave di lettura delle dinamiche mafiose interne al gruppo dei Cacciola, ormai scisso nelle due cosche dei “Cacciola-Grasso” e dei “Cacciola”.

Secondo gli inquirenti i componenti dei due gruppi in conflitto avrebbero così iniziato a muoversi armati,pronti per sostenere un eventuale conflitto a fuoco, e usando diversi escamotage come quello di nasconderle dentro i vani degli airbag delle auto.

Le intercettazione hanno permesso di registrare l’attualità di queste “dinamiche conflittuali”, portando anche all’arresto in flagranza di alcuni componenti dei due gruppi, ma anche individuandone gli assetti attuali nelle due formazioni; attribuendo ad ognuno le mansioni svolte, comprese quelle penalmente più rilevanti di “promozione, direzione e coordinamento dei due sodalizi”.

Documentate anche delle gravi iniziative criminali e i rispettivi ambiti di interesse illecito, nel più ampio contesto della società di Rosarno del mandamento tirrenico ma con proiezioni e rapporti consolidati in altre aree del territorio nazionale ed estero.

In particolare, dentro questo contesto si sarebbe accertato il tentativo del gruppo “Cacciola”, di più recente formazione, di assumere una posizione egemonica, approfittando della condizione di maggiore debolezzadelle famiglie mafiose dei “Pesce” e dei “Bellocco”, dovuta a delle recenti operazioni di polizia.

Sul versante del narcotraffico internazionale è stato documentato il trasferimento di un ingente quantitativo di droga, circa 300 kg di cocaina con un elevatissimo grado di purezza (oltre il 95%), importati dai “Cacciola-Grasso” attraverso degli emissari delle cosche sanlucote in Colombia, oltre a rapporti con organizzazioni criminali della penisola iberica, da dove è stato possibile documentare il trasferimento di almeno 500 chili di hashish provenienti dal Marocco, indirizzati alle “piazze di spaccio” del Nord Italia, soprattutto quelle dell’hinterland milanese e delle provincie più piccole della Lombardia e del Piemonte; consentendo agli organizzatori rosarnesi di accreditarsi come “grossisti puntuali ed affidabili”, in cima alla catena distributiva dello stupefacente.  Infine, si sarebbe appurato che le famiglie Cacciola-Grasso avrebbero utilizzato anche una impresa di fuochi d’artificio per confezionare gli esplosivi da utilizzate negli atti criminali, rafforzando così ancor più il loro potere

Dalle conversazioni intercettate, infatti, risulterebbe evidente che le due famiglie abbiano commissionato a Giovanni Ursetta delle vere e proprie bombe – solitamente impiegate per danneggiamenti a esercizi commerciali – fabbricate con una carica talmente elevata che lo stesso Giovanni Grasso confessava ad interlocutore che “avevano fatto vibrare il paese”.

Inoltre, con attività tecniche e pedinamenti si è potuto registrare come i luoghi di detenzione domiciliare degli indagati fossero diventati teatro di summit necessari per pianificare le diverse operazioni illecite, compresa l’importazione della cocaina dal Sudamerica. Sulla base di questi risultati, il provvedimento della Procura Distrettuale reggina è intervenuto per interrompere la sequenza di delitti accertati e soprattutto per impedire la fuga all’estero di alcuni degli indagati di verticedell’organizzazione, che si stavano attrezzando con passaporti falsi per sottrarsi agli inquirenti. L’operazione di oggi è stata condotta dai Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria. Il fermo è stato disposto dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica locale, diretta da Giovanni Bombardieri.

Alla luce delle risultanze investigative è stato disposto il sequestro preventivo delle attività economiche riconducibili alle cosche indagate: un fondo agricolo – messo a disposizione dei “Cacciola-Grasso” per nascondere le armi della consorteria – e un’autovettura impiegata sistematicamente per il trasporto delle armi; il tutto per un valore stimato di circa 5 milioni di euro.

Sigilli anche a delle attività commerciali: “Royal Bar di Petullà Kevin”, esercizio pubblico a Rosarno; “Valentiniano Francesco”, attività di lavaggio auto e commercio di accessori per auto, Rosarno; “Nuove creazioni di Grasso Marilena”, attività di commercio al dettaglio di abbigliamento, Rosarno; “Freedom Store di Borgese Caterina”, attività di commercio al dettaglio di abbigliamento, Rosarno; “E20 di Spettacolo di Ursetta Domenico”, attività di spettacoli pirotecnici, Vibo Valentia.

Al termine delle perquisizioni i carabinieri hanno ritrovato e sequestrato un fucile a canne mozze cal. 12; un mitragliatore AK47; una mitragliatrice cal. 9 della Uzi; una pistola cal. 9; del munizionamento di vario tipo e calibro e dei caricatori; 8 kg. di marijuana e 3 di hashish; del denaro contante per circa 900 mila euro.

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