Ormai è noto che gli incendi boschivi siano un delitto alla natura, all’ecosistema, alla storia e alla comunità, atto che deve essere affrontato al limite di confine dell’attività terroristica.
Quello accaduto ieri, martedì 25 luglio nei pressi del parco e del Museo e dei Giardini di Pitagora di Crotone non è il primo caso di terrorismo ambientale avvenuto nella città di Crotone, tutt’altro, è un ennesimo colpo inflitto sulla medesima ferita: ha divorato in pochi minuti l’ambiente, ma soprattutto lo spirito della comunità che cerca, seppur con il vento a sfavore, di far rifiorire una cittadina per anni maltrattata.
Il piromane seriale, in questo mese di luglio, ha acceso ben due fuochi a ridosso di via Giovanni Falcone tra le palazzine delle vie Falcon, Giovanni Gentile e il lato d’ingresso del Parco Pitagora, avvolgendo la cima del monte Pignera, la zona retrostante della collina che ospita la struttura museale e il giardino dedicato al filosofo di Samo, ledendo gran parte del polmone verde cittadino.
Le fiamme, giunte ai Giardini di Pitagora, anche quest’anno hanno rischiato di incendiare la casa del custode del parco.
La manutenzione del verde del parco, sempre diligentemente tagliato e curato, la prontezza degli operatori del Consorzio Jobel, insieme al preziosissimo aiuto dei Vigili del Fuoco di Crotone e di Calabria Verde, hanno fatto sì che il fuoco non recasse ingenti danni a cose o persone.
L’unica cosa di valore distrutta riscontrata è il magazzino degli attrezzi ai confini dei Giardini.
Le modalità, le conseguenze, le tecniche seguite per l’installazione dei vari focolai, le condizioni topografiche ambientali, le caratteristiche specifiche di ciascun incendio hanno dimostrato a nostro avviso in modo inequivocabile che esiste alla base di ogni incendio una mano dolosa criminale che appicca il fuoco con la volontà specifica e preordinata di appiccarlo.
Il problema vero che ottenebra la fioritura di questa città è che esistono persone che approfittano di questi momenti di caldo infernale e di venti forti per creare non solo disagi ma vere e proprie tensioni sociali.
Gli incendiari hanno il volto del denaro, del tornaconto personale, mai comunitario. Dietro c’è una logica perversa di attacco gratuito, doloso e maligno il cui scopo è ledere l’integrità del territorio, l’economia e la competitività sul mercato dell’attrattiva locale.
C’è qualcuno in questa città che nutre un odio feroce e rancoroso verso la comunità. Non è un caso che il secondo fuoco è sorto presso la stazione nei pressi della zona industriale, dove tantissime persone senza fissa dimora hanno rischiato la propria vita.
Chi li compie disprezza la città. Non comprende le conseguenze che possono determinare sia come danno all’ambiente, sia per il pericolo che ne deriva per la sicurezza delle persone. Ma se pericoloso è chi appicca il fuoco, ancor di più lo è chi alimenta nelle loro menti la fiamma dell’odio.
Alle menti ottenebrate dall’odio noi rispondiamo con l’impegno, la costanza, la socialità e, non da meno, la speranza. La speranza che un singolo cittadino sopperisca a dieci persone che odiano.
La speranza di un desiderio, impellente e costante, di informare e informarsi.
Si dice che la cultura sia ciò che resta nella memoria quando si è dimenticato tutto. Allora, possiamo chiamare cultura l’aspirazione a contenere il male.
A noi piace pensare che per ogni dieci persone che odiano, ce ne sarà sempre una, da qualche parte, capace di amare per dieci.
L’amore per la nostra terra è, purtroppo e per fortuna, anche questo.
Auspichiamo che la comunità vigili su questi fatti e che denunci alle autorità competenti eventuali fatti criminosi.
Alle autorità chiediamo maggiore vigilanza e, soprattutto, prevenzione.
Ringraziamo il personale accorso e i volontari tutti. Armati di coraggio, hanno difeso l’incolumità del Museo e del suo personale, dei civili in transito nella zona e, persino, dell’immateriale, la nostra Storia.