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Processo Aemilia: 125 condanne e 19 assoluzioni.

Redazione

Centoventicinque condanne e 19 assoluzioni. È questa  la sentenza al processo Amelia, il procedimento penale  contro la ‘ndrangheta al nord.

Da ricordare che tale processo è  il frutto  di  un’inchiesta della Dda di Bologna con al centro le infiltrazioni legate alla cosca dei Grande Aracri di Cutro, ha coinvolto 148 persone e si è sciolto oggi dopo due settimane di Camera di consiglio “blindata” nei locali della Questura reggiana.

La corte ha quindi stabilito la condanna per 125 persone e le 19 assoluzioni mentre quattro sono state le prescrizioni. La regione Emilia Romagna si è costituita parte civile, rappresentata in aula dal sottosegretario alla presidenza della Giunta regionale, Giammaria Manghi.

Soddisfazione è stata espressa dalla Regione e in particolare dall’assessore regionale alle Politiche per la legalità, Massimo Mezzetti, per il quale se “in passato ci sono state sottovalutazioni o superficialità di analisi rispetto alla penetrazione delle mafie nel nostro territorio, adesso in Emilia Romagna nessuno si volta più dall’altra parte, negandone il pericolo. Chi lo dovesse fare si renderebbe complice di una realtà che non è più negabile”.

Due anni a Vincenzo Iaquinta, e 19 al padre. È la sentenza del processo Aemilia, il procedimento più grande mai celebrato al Nord contro la ‘ndrangheta.

L’ex bomber della nazionale è stato quindi condannato per reati relativi alle armi, anche se l’accusa aveva chiesto sei anni, mentre nella sentenza di primo grado è caduta l’aggravante mafiosa.

Non è invece andata meglio a Giuseppe Iaquinta, il padre dell’ex calciatore, accusato di associazione mafiosa. L’uomo, condannato a 19 anni di reclusione, è stato coinvolto nel processo insieme ad altri 148 imputati.

La sentenza, definita “ridicola” da padre e figlio, è arrivata dopo due settimane di camera di consiglio ‘blindata’ da parte del collegio giudicante composto da Cristina Beretti, Francesco Maria Caruso e Andrea Rat.

Immediato il commento dell’ex giocatore della nazionale che si è soffermato con i giornalisti poco dopo la sentenza. “Il nome ‘ndrangheta non sappiamo neanche cosa sia – ha detto Iaquinta – non è possibile. Andremo avanti. Mi hanno rovinato la vita sul niente, perché’ sono calabrese, perché’ sono di Cutro. Io ho vinto un Mondiale e sono orgoglioso di essere calabrese. Noi non abbiamo fatto niente perche’ con la ‘ndrangheta non c’entriamo niente”.

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