“Io non mi pento…a me non mi piegheranno” e “Io non voglio chiedere niente a nessuno… mi posso fare anche 3000 anni no 30 anni”. Così Totò Riina si è rivolto alla moglie Antonietta Bagarella in un colloquio video-registrato avvenuto lo scorso 27 febbraio. Le parole del dialogo, “nel contesto di uno scambio di frasi su istanze da proporre”, scrivono i giudici, sono nell’ordinanza con cui la Sorveglianza ha rigettato l’istanza del boss di Cosa Nostra.
Per i giudici è “degno di nota” il fatto che Riina asserisca che “non si piegherà e non si pentirà mai”. E “altrettanto significativo” è un passaggio durante il quale i coniugi “giungono ad affermare che i collaboratori di giustizia vengono pagati per dire il falso”. Di seguito è riportata la trascrizione del dialogo. Riina: ‘sono stato io… non è che siamo! Facciamo finta che eravamo insieme… non e che non lo sanno!… Lo sanno che eravamo sempre qua con questo direttore! Io non ho fatto niente e non so niente e quello… Brusca…’ Bagarella: ‘ma tu lo sai che quelli prendono soldi quando dicono queste cose?’ Riina: ‘certo’ Bagarella: “e allora… più se ne inventano e più sono pagati’ Riina: ‘hanno… esatto…’ Bagarella: ‘Non è che è gratis quando lui dice queste cose che non esistono e perciò! Eh perciò ci vivono tutti! E’ così’.
Il tribunale di sorveglianza di Bologna ha rigettato la richiesta di differimento pena o, in subordine, di detenzione domiciliare presentata dai legali di Riina. I giudici hanno riunito due procedimenti, decidendoli insieme. Riina quindi resta detenuto al 41bis nel reparto riservato ai carcerati dell’ospedale di Parma. Alla richiesta dei legali, motivata da ragioni di salute del boss, si è opposto il pg di Bologna Ignazio De Francisci che per anni ha lavorato a Palermo.
Salvatore Riina “non potrebbe ricevere cure e assistenza migliori in altro reparto ospedaliero ossia nel luogo in cui ha chiesto di fruire della detenzione domiciliare”. Lo scrivono i giudici del tribunale di Sorveglianza di Bologna, concludendo il ragionamento sulle condizioni di salute del boss di Cosa Nostra, nell’ordinanza con cui rigettano le istanze di differimento della pena. Per i giudici è “palese”, a Parma, “l’assoluta tutela del diritto alla salute sia fisica che psichica del detenuto”.
Salvatore Riina appare “ancora in grado di intervenire nelle logiche di Cosa Nostra”, nonostante le sue condizioni di salute e l’età ormai avanzata e “va quindi ritenuta l’attualità della sua pericolosità sociale”. E’ un passaggio cruciale dell’ordinanza del tribunale di Sorveglianza di Bologna, nel rigettare l’istanza di differimento pena del boss. “La lucidità palesata” da Riina e “la tipologia dei delitti commessi in passato (di cui è stato spesso il mandante e non l’esecutore materiale) – proseguono i giudici – fanno sì che non si possa ritenere che le condizioni di salute complessivamente considerate, anche congiuntamente all’età, siano tali da ridurre del tutto il pericolo che lo stesso possa commettere ulteriori gravi delitti (anche della stessa indole di quelli per cui è stato condannato)”.