È accusato di essere uno dei un torturatori di migranti reclusi nel cosiddetto ghetto libico: si tratta di un ragazzo nigeriano, di appena 21 anni, fermato oggi dalla squadra mobile di Agrigento e Crotone su ordine della Dda di Palermo.
Il giovane Gift Deji, detto Sofi, è stato infatti rintracciato nel Cara Sant’Anna di Isola Capo Rizzuto, nel crotonese.
Secondo gli inquirenti il 21enne farebbe parte un’associazione per delinquere di carattere transnazionale dedita alla tratta di persone, al sequestro di persona, alla violenza sessuale, all’omicidio aggravato e al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
Sarebbe proprio il nigeriano uno dei responsabili delle torture e sevizie subite, sempre in Libia, all’interno della safe house di “Ali’ il Libico”, dai migranti che attendono di imbarcarsi in mare per raggiungere l’Italia. Gli stranieri, prima del viaggio della speranza verrebbero privati della loro libertà e torturati per estorcergli del denaro.
La tesi è che Deji, anch’egli un migrante, si sarebbe poi offerto di entrare a far parte del gruppo così da poter partire gratuitamente verso nel nostre coste.
La mobile siciliana sta ricostruendo l’intera cellula di criminali e torturatori che operavano nel paese nord africano, all’interno del ghetto.
Lo scorso luglio, sempre nel Cara di Isola Capo Rizzuto era stato già fermato un altro nigeriano, John Ogais, detto “Rambo”: 25 anni, a suo carico sono già state confermate le accuse da parte delle vittime davanti al Gip nel corso di un drammatico incidente probatorio.
“Ogais … – ha raccontato una delle vittime – si avvaleva della collaborazione di un altro mio connazionale chiamato con il nome di Sofi, attualmente ospite a Capo Rizzuto. Quest’ultimo, in cambio di ottenere il viaggio gratuito verso l’Italia, si prestava più volte a torturare i migranti presenti all’interno del ghetto”.
“Le violenze – ha proseguito nel suo racconto uno degli stranieri che ha consentito di identificare il 21enne fermato oggi – consistevano nel colpire in diverse parti del corpo i migranti tenuti in ostaggio, con molta violenza, mediante l’utilizzo di una cintura in cuoio e tubi di gomma. Ho visto più volte Sofi utilizzare sui prigionieri due cavi elettrici collegati alla corrente elettrica come strumento di tortura”.
Torturava migranti nel ghetto libico, nigeriano rintracciato nel Cara di Crotone
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