A Fiumicino indagati in inchiesta della Dda di Reggio Calabria
Sono stati estradati i due cittadini afgani arrestati lo scorso 6 giugno nell’ambito dell’operazione “Parepidemos” coordinata dal procuratore di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri, dall’aggiunto Giuseppe Lombardo e dal pm Sara Amerio.
Si tratta Mohammad Younos Yawar di 43 anni e Mohammad Salim Ghafouri (53), ritenuti a vario titolo responsabili di favoreggiamento pluriaggravato dell’immigrazione clandestina e di esercizio abusivo dell’intermediazione finanziaria.
Per entrambi, residenti a La Rochelle, si sono concluse le procedure di estradizione e sono arrivati all’aeroporto di Fiumicino da dove poi sono stati accompagnati in carcere.
L’inchiesta, in cui sono coinvolti anche altri due afgani, è iniziata nell’ottobre 2020 quando i carabinieri hanno notato Mohammad Younos Yawar che, con un furgone con targa francese, si trovava a Bova Marina nei pressi di un centro di accoglienza dove i migranti venivano tenuti in isolamento sanitario temporaneo per il Covid. Gli accertamenti hanno consentito di registrare i movimenti dell’afghano che, dopo avere fatto salire a bordo 10 connazionali, ha percorso l’intero territorio nazionale. Prima di fare ingresso nel traforo del Frejus, però, ha lasciato i migranti in montagna a pochi chilometri dal confine. Subito dopo l’uomo è stato fermato dai carabinieri di Bardonecchia ed era l’unico occupante del mezzo. Sui sedili posteriori c’erano alcuni bagagli con pannolini e vestiti non appartenenti all’indagato. Il furgone, inoltre, era dotato di un vano creato ad hoc per nascondere le persone.
L’abbandono dei migranti, tra cui alcuni minori, in montagna, al freddo e alle intemperie, ha indotto la Procura a contestare anche le aggravanti di aver esposto le persone trasportate a pericolo per la loro vita. Dalle intercettazioni, inoltre, è emerso che per salvare i migranti abbandonati sulle Alpi l’indagato avrebbe preteso di essere pagato prima del viaggio.
Le indagini hanno dimostrato quello che il gip Vincenzo Quaranta ha definito “un sistema organizzato transnazionale che gestiva e assicurava l’ingresso clandestino e illegale di migranti in vari paesi europei”. Ogni migrante avrebbe versato 1500 euro agli indagati per il trasporto (ANSA).