Parlare di cultura è una provocazione che sfiora il paradosso, perché la cultura si custodisce, si trasmette, si vive, si respira. La cultura è vita. Come associazione Vivere In abbiamo voluto stimolare una riflessione sul ruolo che ha la cultura nella promozione sociale, con la convinzione che la povertà economica si nutre della povertà culturale che ci affligge. Con il contributo di un numeroso e attento pubblico, si è voluto promuovere il dialogo partendo proprio dalla necessità della riflessione come strumento di conoscenza e di formazione di un pensiero libero e di una lettura consapevole dei processi storici che siamo chiamati a vivere da protagonisti.
Tutte le iniziative ed attività del Movimento hanno come scopo quello di rimettere l’uomo al centro di ogni dinamica storica, sociale, culturale. Il fondatore don Nicola Giordano ha da sempre pensato ad un movimento di spiritualità capace di diffondere armonia e novità di vita in ogni sfera dell’umano.
Vivere In crede che ogni uomo può realizzarsi pienamente nella sua umanità solo nella misura in cui arriva a vivere in coerenza con la sua identità più vera: essere immagine di Dio. Diversamente, si assiste alle deviazioni di azioni descritte come “mostruose”.
Emerge con chiarezza, allora, la sfida rappresentata da questo tema che ha visto il contributo dell’architetto Stefania Argenti, soprintendente ai beni archeologici, artistici e paesaggistici per le province di Catanzaro e Crotone e dell’avvocato Eugenio Scagliusi, direttore responsabile del periodico bimestrale Vivere In.
La sovrintendente Argenti ha esordito ricordando la folgorazione – e l’amarezza – che ha sperimentato quando per la prima volta è arrivata in Calabria. Folgorazione dovuta alla bellezza straordinaria dei posti, delle persone. Amarezza di fronte allo scenario di una terra apparsa subito come dimenticata, trascurata, spesso violentata da scelte che hanno profondamente influenzato la storia presente della Calabria in generale e di Crotone in particolare. La Soprintendente si è soffermata sull’analisi della frattura tra un passato legato alla tradizione rurale e agricola ed un presente caratterizzato dalla difficoltà e ridefinire una propria identità dopo la chiusura delle fabbriche. In mezzo ci sono stati gli oltre settant’anni di industria pesante che hanno profondamente modificato non solo il territorio, ma anche la mentalità dei crotonesi. La chiusura delle fabbriche ha lasciato non solo scorie inquinanti, ma anche macerie umane e sociali da cui riscattarsi.
In questo processo di liberazione e di riappropriazione dell’identità, la cultura è elemento fondamentale.
Anche l’avvocato Scagliusi ha sottolineato la centralità della cultura in ogni processo di riscatto umano e sociale. Purtroppo, spesso si ha l’impressione che la cultura assomigli ai dettagli preziosi che abbelliscono le nostre case, come i bei tappeti o l’argenteria. Qualcosa che semplicemente migliora la qualità della vita, ma non rappresenta l’essenziale: “non dà da mangiare”. Invece non è così: la cultura va piuttosto considerata come le fondamenta, la parte nascosta della casa che però assicura stabilità ed evita che la casa crolli sotto i colpi delle intemperie. Altro che semplice possesso di nozioni! Ritrovare le proprie radici consente un punto di vista sul mondo critico e costruttivo, una capacità di leggere in profondità e di interpretare i “segni dei tempi”, quanto è accaduto in passato, come si vive il presente, per potersi proiettare verso il futuro. Questa capacità di programmare il futuro qualifica un approccio positivo alla storia: abbiamo il dovere di avviare oggi processi virtuosi perché domani ne possano godere i nostri giovani.
È emersa la necessità di ricuperare una maggiore conoscenza e l’amore per la nostra terra: è uno sforzo di recupero dell’identità al quale noi, tutti insieme, dalla scuola alle altre istituzioni che vivono il territorio, non possiamo sottrarci per il senso di responsabilità che ci deve animare nei confronti degli adulti di domani.
Per educare al bello servono anche le strutture: una pinacoteca, una biblioteca, un teatro, un cinema: alla pari delle scuole possono fare la differenza nella formazione dei nostri giovani, che sono vera garanzia di progresso.
Solo se abbiamo il coraggio di investire sui giovani, il nostro futuro, possiamo parlare di progresso credibile.
Solo se abbiamo il coraggio di riconoscere il limite per superarlo stiamo costruendo vero progresso: limite è l’autoreferenzialità, l’illusione di bastare a sè stessi; limite è l’egoismo tra generazioni che si traduce nell’incapacità a programmare sul lungo periodo; limite è accontentarsi del proprio orizzonte, un oggi senza domani che ci farà morire.
Rachele Via
Movimento Vivere In