De Toni ha evidenziato che per rispondere ai fenomeni globali gli approcci più idonei sono quelli basati sulle scienze della complessità. In tale quadro, l’intelligence può rappresentare una delle scienze della complessità, fondamentale per vivere “all’orlo del caos”. I segnali forti li vedono tutti, ha detto il professore. È invece fondamentale cogliere quelli deboli i quali spiegano la direzione che sta prendendo il futuro. Pertanto, l’intelligence deve fare anticipazioni, non previsioni. De Toni ha proseguito dicendo che “occorre cambiare prospettiva, in un tempo in cui ogni persona vive contemporaneamente in molti presenti, reali e virtuali”. Ha poi illustrato l’importanza della transdisciplinarietà poiché, dall’interazione delle discipline, vengono generati saperi originali e utili, necessari per comprendere e operare nella società complessa.
Dal punto di vista pedagogico, De Toni ha messo a confronto i due diversi punti di vista di Francis Bacon e Benedetto Croce, ricordando che non c’è nulla di più pratico di una buona teoria, ma per fare una buona teoria ci vuole molta pratica.
Prendendo, poi, a prestito le teorie della psicologia della famiglia, ha spiegato i concetti del codice materno, dove prevale la protezione e l’appartenenza, e del codice paterno, dove si promuove l’incentivazione e il merito. A tale riguardo – parlando di organizzazioni – la Chiesa è stata citata come un esempio di applicazione prevalente del codice materno, mentre le imprese di quello paterno. Nella storia delle organizzazioni quelle più resilienti nel tempo sono quelle a prevalenza di codice materno. In ogni caso, sia per l’educazione che per le organizzazioni, occorre un equilibrio tra codici paterno e materno.
De Toni poi ha sostenuto che tra le due azioni di competizione e cooperazione, la seconda è un fattore di selezione più potente. Lo hanno compreso le grandi imprese che spesso, invece di competere, preferiscono fare accordi. Perché “i successi nascono dalle alleanze”.
Ha poi evidenziato che nelle situazioni di grande complessità sono più efficaci le relazioni informali rispetto a quelle formali: le prime si basano sulla fiducia, le seconde su regole scritte. Ma nessun sistema di regole, anche scritte, può abbracciare una complessità spinta. L’azione di cambiamento in ambiti complessi deve porsi obiettivi piccoli e raggiungibili, per allargare progressivamente l’area del coinvolgimento di tutti gli attori.
De Toni ha poi affrontato il tema delle classi dirigenti che, nel perseguire il bene comune, devono formulare visioni condivise che fanno da motore del cambiamento. Per il professore “la velocità sempre maggiore del cambiamento ci fa percepire una complessità maggiore, paralizzando spesso le decisioni delle persone”.
Nella parte finale della lezione, De Toni ha affrontato il tema delle istituzioni e degli Stati che nascono per garantire la sicurezza dei cittadini, nell’ambito della quale l’intelligence è uno degli strumenti principali”.
Il professore ha concluso ricordando che, “di fronte all’aumento della complessità esterna, ci sono due strade alternative: quella proposta da Ross Ashby di aumentare la complessità interna, ma è una via troppo costosa, oppure, come argomenta Niklas Luhmann, deselezionare la complessità esterna, ma questa è una soluzione eccessivamente rischiosa. Il risultato è che esiste sempre una divario tra la complessità interna e quella esterna. E questo gap lo possono colmare solo gli uomini, con la loro creatività e intuizione. Questo scenario apre spazi enormi per un nuovo umanesimo. Più complessità esiste nel mondo più libertà, più opportunità e più futuri esistono nel mondo. Con gli uomini dell’intelligence a svolgere ruoli chiave”.