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Tropea: dal 10 al 13 Settembre si svolgerà l’evento Teatro d’aMare

Redazione

Sta per partire uno dei bouquet festival più importanti del panorama nazionale. E’ il Teatro
d’aMare che andrà in scena nel borgo incantato di Tropea con quattro giorni fitti di
spettacoli, incontri ed ulteriori happening a partire dal 10 settembre: una situazione capace
di permettere al pubblico di vivere un’esperienza più multidisciplinare e immersiva, oltre a
consentire agli stessi artisti di incontrarsi, dialogare tra loro e creare dei legami. :
quest’anno celebra la sua ottava edizione, concentrandosi sulla drammaturgia al femminile
e lo fa affidandosi come sempre all’entusiasmo e visione dei suoi direttori artistici
Francesco Carchidi e Maria Grazia Teramo, che così ci introducono alla manifestazione:

FC: Leggendo gli studi pubblicati da Amlet@ (un collettivo femminista intersezionale che
punta i riflettori sulla presenza femminile nel mondo dello spettacolo), è emerso un dato
preoccupante: nelle sale principali dei grandi teatri nazionali sono presenti soltanto il
13,7% di donne alla regia e il 23,2% di donne alla drammaturgia.
MGT: Questa sproporzione è figlia di un’atavica e cattiva abitudine che relega le donne in
grado di ideare un’opera d’arte in una posizione di svantaggio rispetto agli uomini che si
occupano della medesima cosa. Per questo motivo, abbiamo deciso di approfondire e
dare risalto a questa tematica per l’ottava edizione di Teatro d’aMare. Nella scelta degli
spettacoli ci siamo posti un veto: tutte le opere presenti in cartellone sono state ideate,
scritte o dirette da almeno una donna.
Riassumiamo i riferimenti principali del programma….

MGT: Per dare corpo a un dialogo costruttivo sull’argomento abbiamo deciso di aprire il
festival il 10 settembre con il dibattito “Con voce di donna”. L’incontro sarà moderato dalla
brillante relatrice Ludovica Franzè. che affronterà la questione della disparità attraverso
molteplici punti di vista.Sempre il 10 settembre avremo il piacere di ospitare Roberto Latini
che darà voce alle stupende poesie di Mariangela Gualtieri, quindi Alessandra Cristiani, fra
le principali esponenti della danza butoh in Italia, che ritorna fra noi, come faranno anche
Laura Nardinocchi e Niccolò Matcovich che presenteranno giorno 11 il loro nuovo lavoro
“Strada maestra”, una riflessione sul rapporto tra l’essere umano e la natura; a seguire ci
sarà “Molto dolore per nulla”, spettacolo scritto e diretto da Luisa Borini e fresco vincitore
del Premio In-box. Il 12 arriverà “Just walking”, una performance itinerante di Campsirago
residenza che approfondisce il tema del cammino nella storia dell’umanità, sarà una sorta
di esperimento ibrido fra l’antopologico ed il sociale cui seguirà il concerto di Pakkyone, fra
animazione e musica. Il 13 applaudiremo ancora il collettivo Quotidiana.com con lo
spettacolo “I greci, gente seria! Come i danzatori” che indaga e poi a conclusione del
festival ci immergeremo nel sound universale delle Tarab Ensemble, un trio di voci e
percussioni che con la sua energia travolgente ci trasporterà in un’altra dimensione.
Qual sono i luoghi del festival?
MGT: Anche quest’anno gli spettacoli avranno luogo all’interno del Giardino del Museo
Diocesano che in quei giorni diventerà un vero e proprio village con la presenza di mostre
(a cura di Caterina Stillitano, Nadia Riotto, Meduso, Elisa Trapuzzano e Giulia Peruzzi),
artigiani del luogo e per il primo anno con la zona food che darà la possibilità al pubblico di
intrattenersi per tutta la serata insieme a noi.

Ipotizziamo anche una traiettoria in cui si sia determinata l’evoluzione della
rassegna, nel corso di questi anni di programmazione…
FC: Giunti all’ottava edizione, credo che il festival sia giunto quasi autonomamente a una
sua dimensione: quella di generare una visione alternativa di intrattenimento. In mete
turistiche come Tropea si ha la tendenza a ricercare un intrattenimento mordi e fuggi che
non lascia una traccia tangibile nel percorso di maturazione del fruitore. Noi cerchiamo con
Teatro d’aMare di portare una proposta che sia comunque gradevole ma che metta in luce
modi di fare arte o spettacolo alternativi. Questo modo di fare arte o spettacolo è spesso
penalizzato proprio perché va meno di moda, ma a noi piacciono le cose che non vanno di
moda.
MGT: Negli anni la traiettoria si è inevitabilmente corretta e questo è da attribuire sia al
nostro percorso di maturazione (ancora in itinere) come organizzatori e direttori artistici,
sia alle risorse che abbiamo a disposizione per realizzare il festival di anno in anno.
Nelle prime cinque edizioni abbiamo sperimentato tanto: siamo stati prima a Torre
Marrana, poi ci siamo spostati al Teatro del Porto a Tropea. All’inizio Teatro d’aMare era
una rassegna e non un festival: i primi anni ci siamo concentrati sulla nuova drammaturgia
calabrese, successivamente abbiamo cominciato a guardare fuori regione. La vera svolta,
però, è avvenuta nelle edizioni post-pandemia. Nel 2020 e nel 2021 ci siamo fermati e
questo ci ha consentito di ripensare Teatro d’aMare all’interno del centro antico della città
di Tropea. Ogni anno, dalla sesta edizione in poi, scegliamo un tema da approfondire e in
maniera quasi naturale e magica si manifesta il cartellone.
Quanto frequentate riviste online e quale impatto hanno i pareri critici sugli
spettacoli che proponete?
FC: Frequentiamo riviste online e cartacee, però a me personalmente piace di più leggere
le recensioni di spettacoli che ho già visto. Perché di solito quando vado a teatro
preferisco rimanere vergine dal punto di vista dell’aspettativa che ho su quello che sto per
vedere. Quindi evito anche di leggere le descrizioni degli spettacoli redatte dalle
compagnie stesse.
MGT: Gli spettacoli che scegliamo magari vengono in contatto con noi perché troviamo
una o più recensioni in giro per il web, oppure spuntano fuori dalla bacheca di un social.
Questo magari inconsciamente può influenzarci perché viviamo in un periodo in cui
sapersi pubblicizzare (ahimè) è alla base. Di norma, però, scegliamo gli spettacoli dopo
averli visti, possibilmente dal vivo, oppure in alternativa in video.
Quali altri progetti avete in cantiere per il prossimo autunno? Vuoi spendere
qualche parola in più per fare conoscere il vostro lavoro?
MGT: Lavoriamo da anni su processi di inclusione delle minoranze, anche a costo di
escludere involontariamente le persone meno inclusive. Da ottobre fino a giugno
riprenderemo a svolgere le nostre attività che vanno completamente in questa direzione.
Ci occupiamo di Teatro sociale e di comunità e abbiamo nei nostri corsi ragazzi che vivono
spesso in condizioni di emarginazione perché hanno difficoltà mentali o sociali.
Quest’anno vorremmo rendere la loro esperienza ancora più coinvolgente, aggiungendo
nel corso dell’anno incontri con altri gruppi artistici o con altre associazioni del territorio.

Per quest’ultimo aspetto abbiamo già in cantiere dei nuovi progetti con l’associazione
Aicem Calabria.
FC: E poi stiamo aspettando l’esito di alcuni bandi che potrebbero permettere alle nostre
attività di essere quasi totalmente gratuite, è un sogno che abbiamo nel cassetto.
Sappiamo che in questo modo potremmo coinvolgere ancora più persone e potremmo
migliorare la qualità della proposta invitando artisti e compagnie che integrino e completino
l’esperienza laboratoriale di LaboArt.
M: Oltre a questo, speriamo di tornare a fare Zona di Contagio che nel 2024 è saltato per
vari motivi. Una rassegna che si svolge tra dicembre e marzo che coinvolge artisti della
zona creando momenti di aggregazione e riti di socialità in un periodo dell’anno in cui il
turismo è quasi assente.
Qual è la maggior preoccupazione quando pensi al tuo ruolo di direzione artistica?
e infine cosa significa essere referente culturale di un territorio/ comunità di
persone?
FC: La mia paura è sempre che le scelte siano così ricercate da non avere abbastanza
pubblico. Per il resto, a preoccuparci quando (come nel nostro caso) le risorse sono poche
e le idee sono tante è la direzione amministrativa! è difficile fare cultura in Calabria però
poi quando ci riesci sei molto appagato e soddisfatto!

MGT: Non so bene cosa significa essere referente culturale di un territorio, però posso
raccontare un aneddoto: da poco a Tropea si sono insediati i commissari, di fatto non ci
eravamo ancora presentati fino a qualche giorno fa. Nonostante non ci conoscessero,
erano perfettamente al corrente della nostra attività sul territorio grazie ai racconti dei
cittadini che gli hanno parlato di quello che facciamo. Quando accadono queste cose, ci
rendiamo conto di essere dei referenti culturali e ne andiamo fieri perché ci sentiamo
responsabili delle scelte che facciamo e di conseguenza ci sentiamo quasi in obbligo a
restare in questa terra in cui è difficile fare cultura.
Cosa si potrebbe fare, secondo te, per portare un numero più consistente di giovani
a teatro?
FC: Per quanto riguarda la tendenza in atto in Italia, credo che bisogna cercare di
incentivare ancora di più l’approdo del teatro in luoghi che non siano per forza veri e propri
teatri, questo permette di rinnovare il pubblico. Un’altra cosa importante, secondo me, è
cercare di essere meno autoreferenziali nella costruzione delle opere teatrali. A volte ho
come l’impressione che le compagnie partoriscano spettacoli per compiacere i critici o gli
addetti ai lavori, ma il teatro è fatto per il pubblico e deve essere universale e popolare.
Questo non significa escludere la ricercatezza dell’opera.
MGT: Quello che proviamo a fare noi sul nostro territorio per aumentare il numero di
giovani a teatro è un lavoro di tutto l’anno nelle scuole (che siano scuole dell’Infanzia,
Primarie o Secondarie) che consenta una corretta conoscenza nelle nuove generazioni di
quello che può essere e può diventare l’arte teatrale. Crediamo che questo lavoro sia in
grado alla lunga di formare un nuovo pubblico a cui piaccia fruire della bellezza del teatro.

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