Tra gli economisti esiste un dibattito aperto sull’utilità o meno dei fondi strutturali europei a supporto della crescita e dello sviluppo socio-economico delle regioni, in particolare di quelle più in ritardo di sviluppo. I risultati di molteplici studi empirici sono, pertanto, contrastanti. Se per alcuni gli investimenti in attività di ricerca e sviluppo finanziate con le risorse europee, generano effetti positivi e a lungo termine, per altri gli effetti dei fondi strutturali e d’investimento europei sono per lo più di natura redistributiva e quindi incapaci di modificare le condizioni strutturali- appunto- dell’economia delle aree economicamente più depresse.
Nella definizione del Quadro Finanziario Pluriennale 2021-2027 a cui sta lavorando la Commissione europea e per il quale inizieranno serrate negoziazioni tra (e negli) Stati e il Parlamento europeo, pesa in maniera rilevante il mancato apporto di risorse da parte del Regno Unito (peraltro contributore netto), a causa di Brexit. Per riempire il buco di oltre 90 miliardi di euro, si dovrà ricorrere verosimilmente ad una delle seguenti alternative: una maggiore contribuzione da parte degli Stati membri al prossimo budget settennale europeo, oppure una contrazione del budget di spesa (leggasi tagli). Proposte, eventualmente accompagnate dalla modifica delle norme che regolano le finanze proprie dell’Unione europea. Nello scenario più realistico, ossia di un ‘bilancio’ europeo più ridotto (sebbene quello attuale rappresenti solo l’1% dei redditi nazionali lordi dei Ventotto), tutte le policy sono messe in discussione, soprattutto quelle finanziariamente più nutrite. Come la politica di coesione che rappresenta la principale politica di investimento dell’Unione (352 miliardi di euro, circa 1/3 del budget 2014-2020) e ha l’obiettivo di ridurre le disparità socio-economiche tra le regioni erogando prevalentemente risorse alle regioni in ritardo di sviluppo (Pil pro capite inferiore al 75% della media Ue), come la Calabria e quelle del Mezzogiorno. In un incontro pubblico a Bruxelles, il Commissario Ue al Bilancio Oettinger ha dichiarato che i tagli alla politica di coesione potrebbero essere più o meno del 5% e che “non la danneggeranno”, rassicurando i firmatari della “Alleanza europea per la coesione” tra cui 100 regioni (inclusa la Calabria), 70 città e oltre 4 mila cittadini.
Al fine di conoscere l’opinione dei calabresi, OpenCalabria ha somministrato, nell’ambito dell’Indagine 2018, una specifica domanda sulla percezione dell’utilità dei fondi europei in relazione ai potenziali tagli per il post 2020. Dai risultati emerge che il 67% degli intervistati (415 su un totale di 618) ritiene che i fondi europei siano utili, pertanto la loro riduzione potrebbe comportare un danno per la Calabria. Per il 16%, i tagli non avrebbero alcun impatto. Diversamente, il 10% (62 intervistati) ritiene che la Calabria possa averne addirittura un beneficio, considerata l’inutilità di tali risorse. Il 7% degli intervistati, infine, ha dichiarato di non avere un’idea in merito.
Relativamente al titolo di studio dei partecipanti all’indagine, emerge che il 70% dei laureati (rappresentanti più della metà degli intervistati) riconosce l’utilità dei fondi e, quindi, si ritiene preoccupato dai possibili tagli, mentre tra i titolari di specializzazioni e dottorato di ricerca (110 intervistati) “solo” il 55% li ritiene utili, il 13% inutili e il 25% dichiara che l’impatto dei tagli sia irrilevante per la nostra regione. Diversamente, i diplomati (170) riconoscono l’utilità dei fondi nella misura del 71%, che aumenta al 90% se si considerano i partecipanti che hanno conseguito al massimo la licenza media.
I giovani di età compresa tra i 18 e i 32 anni, che rappresentano più di un terzo (217) degli intervistati, si sono espressi ampiamente a favore dei fondi europei per lo sviluppo regionale nella misura del 71% (153 giovani), mentre solo il 5% (11) li considera inutili. Il 13% ha dichiarato che uno scenario con meno risorse avrebbe un impatto nullo, mentre 24 giovani (11%) ha detto di non avere un’idea in merito.
La preoccupazione per i tagli ai fondi strutturali è elevata, sebbene con intensità differenti, in base alla provincia di residenza dei partecipanti all’indagine. L’utilità dei fondi è riconosciuta dall’85% dei residenti nella provincia di Vibo Valentia, dall’80% di quelli residenti nella provincia di Crotone, dal 68% dei cosentini e dal 60% dei reggini. Inoltre, i partecipanti all’indagine residenti al di fuori della Calabria (36) hanno dichiarato in maggioranza assoluta (61%), che minori fondi Ue rappresentano un danno per l’economia della Calabria