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AL MARCA DI CATANZARO DAL 2 DICEMBRE 2018 AL 27 GENNAIO 2019 LA PRIMA GRANDE ANTOLOGICA DI WOLFRAM ULLRICH

Redazione

Dal 2 dicembre 2018 al 27 gennaio 2019, il MARCA – Museo delle Arti di Catanzaro, diretto da Rocco Guglielmo, ospita la prima grande antologica dell’artista tedesco Wolfram Ullrich(Würzburg, 1961).

La rassegna, dal titolo Coordinate e convergenze, curata da Alberto Zanchetta, organizzata in partnership con Dep Art di Milano, si inserisce nel più ampio progetto GLOCAL I Edizione Arte Contemporanea Sezione Grandi Mostre, promosso dalla Fondazione Rocco Guglielmo e realizzato in collaborazione con l’Amministrazione Provinciale di Catanzaro.

L’esposizione presenta 30 opere di Ullrich, tra cui una serie di lavori recenti in acrilico su acciaio e altri pezzi storici, capaci di ripercorrere trent’anni di carriera e definire con chiarezza la cifra più caratteristica della sua ricerca.

“Non è certo la prima volta – afferma Rocco Guglielmo – che il Marca di Catanzaro si apre ad artisti internazionali, rappresentanti delle istanze più innovative del panorama artistico internazionale. In particolare, siamo ben lieti di ospitare l’autore tedesco Wolfram Ullrich, una delle voci più interessanti della pittura contemporanea europea. Pensiamo che quella di Catanzaro rappresenti una tappa importante nella sua carriera e che, dal confronto con la storia e la cultura, non solo artistica, di questa città del sud dell’Europa, sappia cogliere delle suggestioni che possano servire per l’evoluzione del suo percorso artistico”.

“La ricerca di Wolfram Ullrich – scrive Alberto Zanchetta nel suo testo in catalogo – è deduttiva e dimostrativa. Mettendo in crisi l’ortodossia dell’arte concreta, l’artista cerca di sollecitare la visione mediante un’ambiguità che fa configgere l’estetica con la logica e la percezione. Ullrich riesce infatti a ovviare allo schema troppo rigido della simmetria introducendo l’idea della prossimità e della disseminazione, dello sfasamento e dello slittamento. Le sue composizioni destabilizzano i volumi geometrici, come se dovessero essere congiunti e disgiunti di continuo (una continuità basata sull’estensione dei corpi solidi); unitamente all’avvolgimento dello spazio, l’esercizio illusionistico di Ullrich sfrutta l’effetto dello scorrimento degli elementi, che sono sempre sviluppati sulle diagonali, suscitando così una tensione dinamica”.

Il percorso espositivo ruota attorno alle astrazioni geometriche tridimensionali di Ullrich, frutto di un assemblaggio di segmenti in acciaio preparati in modo che l’acrilico, applicato per velature successive, vi si possa fissare.

Le sue creazioni appaiono come sculture da parete – nonostante lo stesso Ullrich si definisca ‘pittore’ e non ‘scultore’ – che giocano con la prospettiva, poligoni che fluttuano e che sembrano immersi in uno spazio profondo, grazie all’uso di aree dai colori intensi.

Le opere, come spiega lo stesso artista, vengono letteralmente costruite assemblando le diverse parti, in un processo opposto alla scultura, dove si lavora per sottrazione.

A seconda della posizione dell’osservatore le opere si inclinano, diventano morbide, si piegano in strette fessure d’ombra. Il lavoro di Ullrich entra quindi in relazione non solo con l’occhio dello spettatore, ma anche con lo spazio e con il movimento del visitatore all’interno di tale spazio, trattando entrambi come variabili dinamiche.

Una delle caratteristiche del lavoro dell’artista tedesco è l’uso piatto del colore. Il segno cromatico di Ullrich anima la superficie della parete marcandola con presenze vive. Il colore diventa forma concreta e tridimensionale, determinando i lavori in estensioni spaziali, al limite dell’installazione. L’intervento di Ullrich si disloca infatti nello spazio secondo la misura rigorosa eppur libera delle sue sequenze che danno vita nel loro insieme a un’unica installazione in cui ciascun elemento è legato e rimanda al successivo. Accompagna la mostra un catalogo Giampaolo Prearo Editore, con testi di Alberto Zanchetta, Ralf Christofori e Matteo Galbiati.

Note biografiche

Wolfram Ullrich (Würzburg, Germania, 1961). Laureatosi alla Staatliche Akademie der Bildenden Künste (Accademia Statale di Belle Arti) di Stoccarda, Ullrich inizia la sua carriera espositiva proprio a Stoccarda nel 1987. Alla fine degli anni ottanta alcune opere prendono il titolo di Relief, titolo che descrive perfettamente la tendenza alla tridimensionalità della nuova produzione. Si potrebbero datare al 1990 i primi Faltungen (piegature), realizzati in alluminio o acciaio dipinto, che si sollevano dalla parete conquistando fisicamente lo spazio. Oltre a questo ciclo, durante tutti gli anni novanta Ullrich apre e conclude alcune serie di sculture come ad esempio, nel 1992, le Islands, opere in acciaio che potrebbero essere descritte come sezioni di solidi su piano inclinato. I colori usati sono quasi esclusivamente i primari, la lezione di Mondrian è ancora molto viva e influenza l’artista al pari di quella dei minimalisti americani, come Frank Stella, oltre ovviamente all’Arte concreta.

Dal 2000 in poi inizia a lavorare su forme singole, poliedri chiusi dove il colore occupa solo la faccia superiore mentre il lato, lo spessore, lascia esposto il grigio acciaio. Successivamente, il numero di questi “segmenti” aumenta, le prospettive diventano più ardite e nel 2014 nasce la serie degli Orbit. I colori sono vibranti e la stesura per velature dona una texture morbida e perfetta. Le opere spiccano sulla parete ingannando l’occhio e i sensi dello spettatore. L’artista ancora oggi non smette di sperimentare, approfondendo continuamente la sua ricerca: dalla costruzione alla percezione.

Vive e lavora a Stoccarda

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