Sei milioni di bambini “eliminati”, ovvero mai nati, a causa dell’aborto in 40 anni in Italia. E’ questo il principale effetto cui ha portato la legge 194 del 1978 sull’interruzione volontaria di gravidanza (ivg): a sostenerlo è l’associazione antiabortista Provita che oggi, in un incontro al Senato cui hanno partecipato vari senatori della Lega e la senatrice Isabella Rauti di Fratelli d’Italia, ha denunciato la mancanza di informazione alle donne sui rischi legati all’aborto chirurgico e farmacologico.
Dopo il caso del maxi manifesto di Provita, affisso a Roma e poi rimosso, che raffigurava un feto di 11 settimane con la scritta pro-life ‘Tu eri così a 11 settimane. Tutti i tuoi organi erano presenti. E ora sei qui perché la tua mamma non ha abortito’, il movimento antiabortista torna a farsi sentire: questa volta lo fa da una sede istituzionale, con l’appoggio di esponenti di Lega e Fratelli d’Italia. E lancia un messaggio chiaro: alle donne non sono comunicati i rischi dell’aborto, dal maggior rischio di cancro al seno e suicidio alla morte.
Per questo Provita lancia una petizione affinché “il ministero della Salute garantisca che le donne vengano messe a conoscenza delle conseguenze provocate dall’aborto volontario sulla loro salute”.
Sono “232 – ha affermato il senatore leghista Massimiliano Romeo – i bambini eliminati ogni giorno nel grembo materno nel nostro Paese attraverso l’aborto chirurgico”. Ma l’ivg, sostengono i promotori dell’incontro, ha determinato negli anni anche “migliaia di morti tra le donne, dati di cui però non si parla”.
“L’Organizzazione mondiale della sanità – ha sottolineato Rauti – afferma che le morti per aborto sono pari al 7,9% sul totale della mortalità materna, pari a 193mila decessi l’anno, ma il dato è sottostimato. Un altro studio del 2014 pubblicato su Lancet, infatti, ha calcolato che le morti per aborto sono il 14,9% della mortalità materna, quasi il doppio”.
Un dato però contestato dalla Cgil, che rileva come Lancet si riferisse ai rischi legati agli aborti clandestini: “La legge 194 – ha avvertito la responsabile Cgil Loredana Taddei – è oggi più che mai violentemente attaccata, in un pericoloso clima di regressione dei diritti”.
Una lettura opposta, che conferma lo scontro in atto, è quella che invece arriva dal senatore leghista Simone Pillon, che parla della necessità di un “tagliando” per la legge: “Il tagliando – ha chiarito – va fatto per assicurare una piena applicazione della prima parte della legge, che è quella che punta a rimuovere gli ostacoli che spingono la donna ad abortire. L’obiettivo deve cioè essere ‘zero aborti’, rendendo efficace il sistema di prevenzione”.