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Baldari e Sciolino (Fp Cgil) a muso duro: “Ci voleva Rai 3 per scoprire le condizioni penose del nostro servizio sanitario?”

Redazione

“L’immagine del Commissario di governo per la sanità calabrese, Saverio Cotticelli, con gli occhi bassi davanti all’intervistatore di Titolo V, Walter Molino, su Rai 3, è solo la punta dell’iceberg delle condizioni penose del nostro servizio sanitario regionale. Il marcio non è solo in cima alla catena di comando, sarebbe fin troppo facile sostituire lui e pensare di tirare avanti, bisogna rivedere tutti gli anelli di questa catena.  Deve essere rivista la composizione dell’ufficio del Commissario, a cominciare dalla sub-commissaria, la lady di ferro che ha determinato tutte le scelte e le non scelte di questi mesi. Entrambi hanno firmato il 18 giugno, evidentemente a loro insaputa, un decreto di riordino della rete ospedaliera in emergenza Covid-19, poi rettificato a luglio in seguito alle osservazioni del Ministero”. È chiara la posizione di Alessandra Baldari, segretaria generale Fp CGIL Calabria e Franca Sciolino, segreteria Fp CGIL Calabria.

“Va riformato il dipartimento Tutela della Salute, che doveva attuare quel piano, vigilando sull’utilizzo delle risorse da parte delle aziende. Una struttura che dovrebbe essere di servizio allo stesso Commissario e alla Giunta ma che, a seconda delle stagioni politiche, offre collaborazione o boicottaggio agli stessi, e che non dispone ancora di un reale ed efficiente Osservatorio Epidemiologico Regionale, istituito sulla carta fin dagli anni ’80. I direttori generali e i commissari delle singole Aziende Sanitarie Provinciali e Ospedaliere, che non hanno saputo spendere le ingenti somme disponibili per le assunzioni, per i nuovi reparti ospedalieri, per i servizi sul territorio, a partire dalle case della salute. Alcuni avrebbero addirittura “nascosto” il debito fino al 2019 agli occhi dei poco vigili controllori. Ma tutti sono stati nominati in base ad un tragico Risiko spartitorio, giocato sulla salute e talvolta la stessa sopravvivenza dei nostri malati, quelli per Covid-19 e tutti gli altri “comuni” malati, che non hanno avuto e non avranno assistenza nel brutto inverno che ci aspetta. Ci sarebbe da chiedere che fine ha fatto la task-force di nomi illustri, nominata a marzo, a supporto dell’Unità di crisi regionale per la gestione dell’emergenza sanitaria Coronavirus. E poi c’è il Tavolo Adduce, che più volte all’anno si riunisce per certificare gli stati di avanzamento del rientro dal debito e, secondo la sua denominazione completa, dovrebbe vigilare sulla erogazione dei livelli essenziali di assistenza. Una istituzione governativa che, in base alle verifiche effettuate periodicamente, fa scattare le aliquote fiscali per i calabresi ma non riesce a fare scattare alcun controllo o correttivo sull’operato degli esecutori di quelle osservazioni e prescrizioni.  La verità è che in tutti questi anni di gestione commissariale non è stato fatto nulla per rimediare alle inadeguatezze dei nostri servizi sanitari. La Calabria è in emergenza da molto prima della pandemia. Gli ospedali azienda sono oberati di lavoro perché quelli del territorio non hanno personale per attivare i posti letto per acuti; non sono state aperte strutture di ricovero intermedie, per seguire i pazienti dimessi dagli ospedali; non sono ancora funzionanti le associazioni di medici di base, che sono state pensate, deliberate e finanziate per filtrare i bisogni primari ed evitare ricoveri inappropriati; non sono state fatte tutte le nuove assunzioni e stabilizzazioni di personale, nonostante le norme lo permettessero. Si è solo cercato di contenere la spesa, grazie ai blocchi del turn-over decisi a livello centrale e chiudendo ospedali e punti nascita, senza offrire altri presidi di riferimento ai cittadini”, continuano Baldari e Sciolino.

“Evidentemente non si è riusciti neanche a quello, perché i vari sprechi sono andati avanti. Tra gli sprechi che fanno crescere il nostro debito bisogna includere anche la migrazione sanitaria, che porta via una bella fetta del bilancio regionale, a vantaggio dei servizi sanitari delle regioni del nord (in cui lavorano i nostri cervelli migliori). Uno spreco di risorse umane e finanziarie, non solo per i nostri ospedali ma anche per tutto quell’indotto di commerci e servizi, sostenuto dalle famiglie che si devono spostare al seguito dei loro malati, a costo di sacrifici umani ed economici. Più volte abbiamo detto che per invertire questa tendenza bisognava fare investimenti specifici e non tagli, aumentare e non contenere la spesa, magari aumentando i controlli. Alcuni hanno tentato di fare qualcosa, ma non sono tra quelli che risultano premiati. A questi vertici e amministratori sciagurati dovrebbe essere richiesto il risarcimento dei danni, causati dalla colorazione rossa della Calabria sulla cartina epidemiologica, da parte di coloro che protestano in piazza, dalla Confesercenti e da tutti i rappresentanti degli interessi economici della regione. Interessi e opportunità di crescita, che restano mortificate da ben prima della pandemia, a causa del malfunzionamento del sistema sanitario, che gli economisti giudicano un fattore di sviluppo, insieme a tutti i servizi pubblici offerti dalle istituzioni di uno stato sociale. Condividiamo pienamente l’esposto alla magistratura, presentato dalle confederazioni regionali, perché si indaghi per accertare se, oltre a i danni economici, non emergano anche aspetti penali ed erariali. La sensazione che ne deriva è che la Calabria sia considerata territorio di scarto e di scarti. Tutti i campanelli d’allarme che il sindacato ha fatto risuonare in questi mesi e anni, a tutti livelli: aziendale, regionale e nazionale, sono risultati vani. E non è una bella consolazione poter dire, come in tante altre occasioni anche al di fuori della sanità: noi lo avevamo detto”, scrivono le due sindacaliste della Fp Cgil.

“Infine, non si può assolvere il governo centrale. È già stato osservato che il Ministero aveva risposto dopo alcuni mesi al grottesco parere richiesto da Cotticelli. Ma non aveva capito che bisognava rimuoverlo già all’epoca, non solo per la mancata attuazione del Piano Covid, ma perché fino ad allora non aveva realizzato nulla. In tutti gli incontri che le categorie sindacali della sanità e del pubblico impiego confederali hanno avuto con l’ufficio del Commissario e con il dipartimento regionale, sono stati sottoscritti accordi puntualmente disattesi. Già all’epoca si poteva affidare a una nuova struttura commissariale – come si è fatto adesso, con il nuovo decreto Calabria del 10 novembre – le risorse finanziarie garantite dai precedenti DPCM, per tappare le buche più spaventose e per attuare piani e programmi operativi. Era quello che abbiamo sempre chiesto e che ripetiamo: la Calabria ha bisogno di investimenti e non di tagli, se vuole riprendersi e non entrare in coma. Quello che c’è da fare ora, il compito che spetta al nuovo Commissario, è un’opera titanica. Avrà ingenti risorse a disposizione, compreso un gruppo di 25 esperti, oltre al supporto dell’AGENAS e della Guardia di Finanza, ma avrà enormi responsabilità: nella nomina di Commissari straordinari in tutti gli enti del servizio sanitario regionale; nell’appalto di lavori, servizi e forniture, attraverso centrali di acquisto nazionali o regionali; nella elaborazione del programma operativo anti Covid e del piano di edilizia sanitaria e adeguamento tecnologico delle reti di emergenza, ospedaliera e territoriale. Un’opera che potrà affrontare solo circondandosi di tecnici esperti, liberi da appartenenze, instaurando rapporti leali e collaborativi con le forze sociali costruttive e con le espressioni della società civile, che sono capaci di fornire proposte e competenze. L’augurio, per tutti noi, è che ci possa riuscire, qualunque nome alla fine prevalga nella scelta che farà il governo, purché sia una persona di alto profilo morale, un manager competente, che abbia chiaro il ruolo della sanità pubblica e il peso che il privato riveste nel condizionare la nostra spesa sanitaria. L’impegno che chiediamo al governo centrale è di recuperare le prerogative di indirizzo e controllo che la Costituzione gli affida, per garantire uguali diritti ai cittadini di questa Repubblica. Perché è bene ricordare che non solo la Calabria è in affanno. Ma questa volta- concludono Baldari e Sciolino– non vogliamo e non possiamo delegare niente a nessuno, neppure il controllo periodico attraverso i meccanismi previsti dal decreto del 20 novembre. Chiederemo e pretenderemo, anche attraverso la mobilitazione di lavoratori e cittadini, che le determinazioni, le verifiche e i correttivi di risanamento che saranno adottati siano resi pubblici, eventualmente attraverso la Conferenza dei sindaci e la convocazione di Consigli comunali aperti. La speranza che abbiamo è che un nuovo ceto politico, rinnovato dalle imminenti elezioni regionali, possa offrire la sponda giusta al rinnovamento della Calabria, se i calabresi avranno il coraggio di volere cambiare, finalmente risvegliati da questo tsunami che il virus ha fatto abbattere sulle strutture sanitarie, sociali ed economiche di questa regione”.

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