Nel mio archivio sull’archeologia calabrese ci sono alcune cartelle di fotografie scattate ai saggi di scavo aperti in Piazza Garibaldi a distanza di pochi mesi le une dalle altre, nelle più recenti occasioni di visita a Reggio, che raggiungo sempre in treno: il 13 maggio 2016, il 3 aprile, il 5 giugno e il 9 dicembre 2017. Via via che la data di esecuzione dei saggi si fa più distante, le immagini del 2017 documentano il progressivo degrado delle pareti esposte, l’inerbamento, il ristagno dell’acqua piovana, l’accumulo di rifiuti sul fondo delle ‘buche’.
Ogni volta ho inviato una selezione delle fotografie più parlanti al Direttore Generale del Ministero per i Beni e le Attività Culturali preposto ad occuparsi di Archeologia, Belle Arti e Paesaggio, segnalando l’urgenza di un intervento che restituisse decoro a quella che è la porta d’ingresso della città dello Stretto per chi si serva del trasporto ferroviario. Tra risposte evasive e blande rassicurazioni cadute poi nel vuoto, sono tornata ad occuparmi dei saggi di Piazza Garibaldi, ormai in qualità di eletta al Senato con il M5S e membro della Commissione 7a “Cultura”, dopo che il nubifragio di giugno li trasformò in altrettante ‘piscine’. Da più parti, infatti, sono stata sollecitata a tentare di risalire alle responsabilità dello stallo ormai biennale che, a fronte della messa in sicurezza del cantiere, rendeva possibile quell’evenienza offrendo al ludibrio pubblico uno spettacolo ben poco edificante.
La Soprintendenza ABAP, nelle persone del dott. Sudano e dell’arch. Vitetta, aveva intanto messo a punto un buon progetto di risistemazione della piazza, dal costo di circa 6 milioni di euro, e lo offriva gratuitamente al Comune sperando, insieme a tutti i reggini, che l’Ente riuscisse ad ottenere dal Ministero dei Trasporti il cambio di destinazione del finanziamento da quasi 12 milioni di euro (articolato in tre linee da 8,2, da 1,2 e da 2,5 milioni) concepito in origine per la “Progettazione esecutiva e realizzazione parcheggi in Piazza Garibaldi”. A distanza di oltre un anno, la richiesta avanzata il 15 marzo 2017 dal Comune per “l’autorizzazione al diverso utilizzo del finanziamento per la realizzazione del nuovo intervento di «Messa in sicurezza ed estensione degli scavi archeologici in Piazza Garibaldi. Valorizzazione e fruizione dei resti archeologici» al fine di riqualificare l’area di piazza Garibaldi in ottemperanza delle prescrizioni del Ministero dei Beni e delle attività culturali e del Turismo – Sovrintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Reggio Calabria” – risultava a tutti inevasa da parte dell’Ufficio romano, senza spiegazioni di sorta.
Nelle more della risposta da me sollecitata al Ministero delle Infrastrutture per il tramite della Commissione Trasporti del Senato, sono venuta a conoscenza dei più eclatanti fatti nuovi (di dominio pubblico): la ricolmatura provvisoria dei saggi eseguita dal Comune a fini di tutela qualche tempo dopo il citato nubifragio e la ‘rumorosa’ assenza di rappresentanti (politici e amministrativi) dell’Ente alla giornata organizzata a metà luglio scorso dal Comitato Corso Sud, pur patrocinata dalla stessa Amministrazione municipale.
Poco prima della pausa agostana delle attività parlamentari ho ricevuto dal MIT le informazioni attese, delle quali mi preme dare conto nella presente nota perché l’esito della verifica, che ritengo di dover condividere con la cittadinanza reggina, mi ha sorpresa alquanto.
La richiesta di destinare i finanziamenti ad interventi con finalità estranee agli obiettivi della Legge n. 472/99 deve avere creato inizialmente qualche imbarazzo alla Direzione Generale per i Sistemi di Trasporto ad Impianti Fissi ed il trasporto Pubblico Locale del MIT. All’inizio di dicembre 2017, però, con la nota n. 8596, il comune di Reggio Calabria è stato invitato dalla suddetta Direzione, evidentemente disponibile a cercare di venire incontro all’interlocutore, a predisporre una relazione tesa ad aggiornare il Ministero sulle criticità poste dall’intervento. Siamo ad agosto 2018 e di quella relazione, a Roma, non c’è traccia.
Otto mesi sono un intervallo troppo lungo per riflettere senza riscontrare in alcun modo la nota ministeriale. Ancora più grave è però il silenzio del Sindaco nei confronti di una popolazione che ha dimostrato di voler decidere da sé quale debba essere la sorte di Piazza Garibaldi, cogliendo con encomiabile sensibilità la valenza di testimonianza materiale del passato collettivo insita nei reperti e manifestando l’inequivocabile volontà di farsene orgoglioso custode e attento fruitore.
Non posso prevedere quale sarà la decisione finale del MIT ma sono convinta che Reggio debba cogliere al volo l’opportunità di un accordo che consenta di riqualificare Piazza Garibaldi trovando un compromesso tra il dovere dell’amministrazione comunale di garantire servizi ai cittadini e le esigenze prioritarie della tutela delle importanti vestigia antiche emerse nel 2016, delle quali è stata accertata strumentalmente la continuità oltre i limiti dei saggi. Alla tutela tiene dietro la fruizione di quei beni da parte di residenti e turisti, in uno scenario analogo ma non identico a quello di Piazza Italia, scenario che la Soprintendenza ha già delineato nelle linee progettuali consentendo, così, un notevolissimo risparmio di tempo e denaro. Anche quest’ultimo è un dato inconsueto ma esemplare del patto virtuoso che può e deve esistere tra Enti e cittadini in nome della CULTURA, cifra distintiva del nostro Paese e fonte di opportunità di sviluppo troppo spesso trascurate.