Un team di ricerca dell’Imperial College di Londra ha dimostrato che il principio attivo contenuto nei funghetti allucinogeni (la psilocibina) ha la medesima efficacia contro la depressione dei comuni farmaci antidepressivi, se associato alla psicoterapia. Uno dei vantaggi risiede nei ridotti effetti collaterali. Andranno comunque condotti studi più approfonditi per tutte le conferme del caso.
Il principio attivo contenuto nei cosiddetti “funghetti allucinogeni”, se associato alla psicoterapia può offrire lo stesso aiuto contro la depressione garantito dai comuni farmaci antidepressivi. È quanto emerso da un nuovo studio sulle proprietà terapeutiche della psilocibina, un alcaloide (triptammina) psichedelico presente in concentrazioni significative in alcuni generi di funghi, come Psilocybe e Panaeolus. In Italia, così come in larga parte del resto del mondo, si tratta di una sostanza stupefacente illegale, tuttavia alcuni piccoli studi sperimentali hanno iniziato a dimostrarne l’efficacia contro alcune condizioni mentali, in particolar modo ansia e depressione, sebbene sempre sotto stretto controllo medico.
A determinare che la psilocibina può avere un effetto antidepressivo al pari dei farmaci più comuni – gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) – è stato un team di ricerca guidato da scienziati britannici del Dipartimento di Scienze del Cervello dell’Imperial College di Londra. I ricercatori, coordinati dal professor Robin Carhart-Harris, docente presso il Centro di Ricerca sugli Psichedelici dell’ateneo londinese, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver coinvolto in uno studio di Fase 2 pazienti con disturbo depressivo maggiore di lunga durata (da moderato a grave). I ricercatori hanno diviso i 59 pazienti in due gruppi (uno da 30 e uno da 29): il primo, il gruppo psilocibina, ha ricevuto due dosi separate da 25 milligrammi di psilocibina a 3 settimane di distanza più 6 settimane di placebo giornaliero, mentre il secondo (il gruppo di controllo), ha ricevuto due dosi separate da 1 milligrammo di psilocibina a 3 settimane di distanza più 6 settimane di somministrazione orale giornaliera di escitalopram, il principio attivo presente nei principali farmaci antidepressivi. Tutti i pazienti sono stati seguiti con la psicoterapia.
Lo studio è stato condotto in doppio cieco, inoltre era randomizzato e controllato, pertanto con i parametri da “gold standard” della ricerca scientifica. In parole semplici, gli autori dello studio non sapevano a quali pazienti era stata somministrata la dose maggiore di psilocibina o l’antidepressivo (neanche i pazienti erano al corrente di ciò che assumevano). A sei settimane dall’avvio della sperimentazione, i ricercatori hanno sottoposto ai partecipanti il questionario “Quick Inventory of Depressive Symptomatology-Self-Report” (QIDS-SR-16), utilizzato per determinare tramite un punteggio lo stato depressivo. Dall’analisi dei dati è emerso che la psilocibina ha avuto gli stessi effetti antidepressivi del farmaco, migliorando la salute mentale dei pazienti. In realtà chi ha ricevuto la psilocibina ha mostrato un miglioramento leggermente superiore, ma secondo gli studiosi non era statisticamente significativo.
Va tenuto presente che spesso gli antidepressivi manifestano i propri effetti dopo diverse settimane dall’avvio della terapia, pertanto i ricercatori ritengono che se avessero sottoposto il questionario oltre le sei settimane, probabilmente avrebbero osservato un miglioramento più marcato nel gruppo trattato con l’escitalopram. Uno degli aspetti più interessanti dello studio risiede negli effetti collaterali; com’è noto gli antidepressivi possono avere una lunga sequela di reazioni negative, tra le quali vertigini, affaticamento, insonnia, aumento di peso e perdita di libido. In alcuni casi, inoltre, non sono efficaci, ed è proprio per questa classe di pazienti che si stanno studiando soluzioni alternative, come quelle a base di psilocibina. Cinque pazienti del gruppo trattato con l’escitalopram non ha proseguito con la terapia o ha dovuto ridurre le dosi a causa degli effetti collaterali, mentre il gruppo che ha ricevuto psilocibina ha seguito il trattamento fino al suo termine regolare. L’unico effetto collaterale sperimentato è stato un mal di testa passeggero dopo la somministrazione del principio attivo.
Il professor Carhart-Harris e colleghi sottolineano l’importanza della psicoterapia in associazione alla terapia farmacologica, soprattutto alla luce degli effetti allucinogeni innescati dalla psilocibina, che non deve assolutamente essere utilizzata come “auto-terapia”. Nonostante i risultati promettenti, a causa del numero contenuto di pazienti e altri limiti saranno comunque necessarie indagini più approfondite per comprendere la reale efficacia antidepressiva dei “funghetti allucinogeni”. I dettagli della ricerca “ Trial of Psilocybin versus Escitalopram for Depression” sono stati pubblicati sull’autorevole rivista scientifica The New England Journal of Medicine.