Progettato per essere più potente del telescopio spaziale Hubble, promette di essere rivoluzionario come il cannocchiale di Galileo: dal deserto di Atacama il telescopio Elt (European Extremely Large Telescope) dell’Osservatorio Europeo Australe (Eso) è pronto a cominciare la sua avventura in cerca dei mondi alieni capaci di ospitare la vita, grazie al suo specchio unico al mondo dal diametro di 39 metri.
Venti eccezionalmente forti hanno imposto l’organizzazione della cerimonia per la posa della prima pietra presso l’osservatorio del Paranal, nello stesso albergo in cui è stato girato il film di 007 “Quantum of Solace”, anzichè nel luogo in cui sarà costruito il telescopio Elt, il Cerro Armazones a quota 3.060 metri.
Nella cerimonia, aperta dalla presidente della Repubblica del Cile, Michelle Bachelet, e dal direttore generale dell’Eso, Tim de Zeeuw, l’Italia è stata rappresentata dalla senatrice Stefania Giannini, della Commissione Esteri del Senato, dal presidente dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) Nicolò D’Amico e il mondo dell’industria, con il consorzio ACe, composto da Astaldi, Cimolai ed EIE, che si è aggiucato una commessa da 400 milioni di euro. Dal costo previsto di 1,1 miliardi di euro, il telescopio Elt “è un grande successo italiano sia scientifico sia industriale”, ha detto Giannini.
La cima del Cerro Armazones è già pronta per l’inizio degli scavi delle fondamenta, come una terrazza sospesa su un panorama incredibile, un deserto a pochissimi chilometri dall’oceano che è il luogo più arido della Terra, rossiccio e brullo come un paesaggio marziano sulla Terra. Di notte la vista delle stelle toglie il fiato e sembra di poter toccare la Via Lattea.
Da questo luogo unico al mondo il telescopio Elt potrà cominciare a osservare il cielo a partire dal 2024 e lo farà per i 50 anni successivi. La sua grande scommessa è farci conoscere l’universo come nessuno lo ha mai visto, andando a cercare le prime stelle e il motore che lo fa espandere e, soprattutto, i pianeti capaci di ospitare la vita.
“Nel momento in cui avremo evidenze certe di pianeti nei quali, in certe condizioni, è possibile la vita o prove certe della vita in mondi diversi dal nostro, questo sarebbe salto epocale”, ha osservato D’Amico. “Sarebbe una scoperta di grandissima portata ed è per questo – ha aggiunto – che strumenti come questo sono strategici per lo sviluppo dell’umanita e per la consapevolezza del suo ruolo nell’universo”.
Scoprire pianeti nei quali la vita è possibile, sulla base dell’analisi della loro atmosfera, è il Sacro Graal dell’astronomia contemporanea e il telescopio E-Elt ha colto in pieno questa sfida. Si propone anche come uno straordinario archeologo stellare, pronto a scoprire come nell’universo si è accesa la luce delle prime galassie. Esplorerà anche il lato oscuro dell’universo per studiare l’invisibile materia oscura che lo occupa per il 25% e l’altrettanto misteriosa energia oscura che ne costituisce ben il 70% e che probabilmente è il motore che lo fa espandere. Studierà inoltre fenomeni estremi come i buchi neri e cercherà tracce di acqua nelle nubi di polveri che annunciano la nascita di nuovi sistemi planetari.
D’Amico (Inaf), Elt grande successo del sistema Paese
La partecipazione dell’Italia alla realizzazione dl telescopio Elt è un “grandissimo successo del sistema Paese” e segna il riconoscimento della grande tradizione che l’Italia ha in questo campo: lo ha detto il presidente dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf), Nicolò D’Amico, riferendosi in particolare alla commessa da 400 milioni di euro assegnata dall’Eso al consorzio di aziende italiane ACe, composto da Astaldi, Cimolai ed EIE.
“Le aziende del nostro Paese – ha aggiunto – sono coinvolte da 30 anni nella realizzazione dei più grandi telescopi del mondo grazie a un processo di continuo trasferimento tecnologico che l’Inaf fa verso l’industria”.
Queste competenze hanno fatto sì che “a fronte di un investimento di 45 milioni da parte del governo ci sia stato un ritorno di oltre 450 milioni in termini di contratti, con un rapporto di uno a dieci”, ha osservato Gianpietro Marchiori, presidente di EIE group.
La capocommessa Astaldi ha il compito di realizzare l’edificio in calcestruzzo, gli impianti elettrici, quelli termotecnici e il 50% dei meccanismi; la Cimolai deve costruire le carpenterie metalliche dell’edificio; la EIE realizza il 50% dei meccanismi ed è responsabile al 100% dell’ingegneria, ossia di tutte le prestazioni degli oggetti costruiti e montati in modo da garantire al telescopio il necessario equilibrio. “Dagli anni ’80 – ha rilevato Marchiori – l’Italia continua a partecipare ai progetti dell’Eso in modo importante”. Questo, ha aggiunto, è stato possibile grazie a un dialogo costante fra il modo dell’industria italiana e quello delle università: “l’astronomia è forse l’unico esempio al mondo di una simile collaborazione”.