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Enzo Sculco: “Reddito di cittadinanza, misura necessaria, ma non da sola!”

Redazione

Il reddito di cittadinanza è una misura che ritengo del tutto necessaria ed utile ad affrontare una situazione sociale, soprattutto al sud, in cui la povertà ha raggiunto livelli insopportabili, ed in modo particolare in una realtà territoriale come la città e la provincia di Crotone.

Non è questo un convincimento nato in queste ore, ma da sempre ho avuto modo di ritenere ed esprimere la tesi che quando la povertà e la disoccupazione raggiungono soglie oltre le quali non può che esserci la ribellione sociale, lo Stato e qualunque governo non possono che intervenire con appropriati ed efficaci strumenti.

D’altra parte così è stato in questi lunghi anni di storia repubblicana, al di là del colore del governo in carica.

Ovviamente ho sempre pensato e ritenuto che gli interventi non devono avere carattere esclusivamente e permanentemente assistenzialistico, ma devono essere collegati ad una prospettiva di lavoro stabile e duraturo e di superamento delle condizioni di povertà.

Tutto questo richiede che accanto agli strumenti assistenziali, siano dispiegate politiche di crescita e di sviluppo che rendano possibile la nascita di nuova e buona occupazione.

In questo senso al sud, in Calabria e nel crotonese, non si possono desiderare politiche realizzate con miopia o strabismo e che si concretizzino unicamente sul versante assistenziale e non sul sostengo allo sviluppo e quindi sul lato occupazionale.

Solo persone pervicacemente ignoranti, o chi ha l’unico scopo di dare sfogo al proprio livore, risentimento e a tutti quegli atteggiamenti che ormai unitariamente vengono riconosciuti come “rancore e nulla di più”, solo persone così possono attribuirmi posizioni politiche diverse da questa e dalla mia storia.

Ovviamente non fanno solo questo, ma fanno di più! 

Confondono un’attività di ascolto e di servizio come un’attività unicamente strumentale alla raccolta di consenso e non invece quella sensibilità sociale che da sempre caratterizza il mio agire.

Provassero anche loro ad aprire una sede o una segreteria, in cui incontrare gli altri, essere pronti all’ascolto e all’accoglienza di tutte quelle persone che hanno necessità di esprimere il proprio disagio o più semplicemente il proprio pensiero. 

Momenti, questi, che riavvicinano la politica alla gente, che fanno sentire le proprie rappresentanze vere e a portata di mano, palpabili e non entità astratte.

In una fase storica come quella che stiamo vivendo, in cui i sistemi aggregativi, come i partiti, sono in crisi, hanno sedi chiuse, e sono sempre più distanti dal popolo, riuscire a sopravvivere mantenendo intatto tradizioni e luoghi reali, dove incontrarsi, conoscersi, confrontarsi, fare comunità e fare politica, non può essere considerato un reato.

Se qualcuno è stanco degli spazi virtuali, e vuole provare l’ebrezza del contatto fisico, allora può tranquillamente affacciarsi nella nostra sede. Troverà sorrisi ad accoglierla, troverà persone libere che amano fare politica insieme, troverà spazi vitali, entusiasmi, e tanto altro. 

L’unica cosa che non troverà sono “schiavi” o burattini.

Non ho e chi sta intorno a me non ha mai negato l’aiuto a nessuno, non è un segreto che mi sono sempre prodigato ad aiutare gli altri, è la mia natura solidaristica, di chi ha sacrificato i propri interessi, tant’è che i miei figli non sono dipendenti né del Comune, né della Provincia, né di qualsiasi ente pubblico, non sono dipendenti pubblici e, purtroppo, nemmeno di strutture private. Così come i miei parenti che svolgono tutti attività proprie.

Dunque di cosa parlano le “due muse”?

Così come appare una barzelletta l’idea del burattinaio che tutto muove. Chi viene nella nostra sede e nel nostro movimento troverà pluralità di vedute e sensibilità politiche diverse, una cosa che mi sembra molto visibile. Troverà confronto. Non troverà un “capo politico” ma leader, non troverà “proprietari aziendali” ma persone impegnate.

E questo è avvenuto anche sul reddito di cittadinanza, sul quale ci siamo confrontati da tempo e sul quale abbiamo idee e pareri diversi. E questo non credo proprio che faccia scandalo.

Tant’è che il sindaco, in questi giorni, ha espresso una propria valutazione che ha suscitato le “ire funeste” delle due “arpie” le quali finora non hanno mai, né loro ne tantomeno chi ci sta intorno, aperto un confronto con la città su questo tema. Non l’hanno spiegato, illustrato ne tanto meno raccontato ai crotonesi, forse l’hanno sussurrato solo a pochi intimi.Forse.

Un tema, quello del reddito di cittadinanza, di cui, tra l’altro, non si conosce esattamente il suo significato ed il modo come sarà impostato e concretamente realizzato. Allo stato è solo uno slogan, che, in campagna elettorale, ha fatto “cassa”, portato giovamento ai 5 Stelle, così tanto giovamento da far ipotizzare a più di qualcuno il “voto di scambio”.

Mi sembra strano, e del tutto inappropriato, ancora una volta speculativo, che le due parlamentari invece di aprire una dialettica, anche aspra, con il sindaco su questo tema, si siano dedicate a lanciare strali, accuse, offese, contumelie, e ad esprimere dileggio come se il sindaco gli “avesse tagliato la vigna”, riprendendo un detto tipico della tradizione contadina. 

Una cosa che, ormai, avviene su ogni argomento.

Una violenza verbale che non fa bene alla democrazia ma, anzi, ne costituisce un tumore e rischia di fare da eterno alibi ad una manifesta inconcludenza, quando, invece, il desiderio comune non può che essere quello di avere tutte le rappresentanze istituzionali, politiche e sociali impegnate unicamente a sostenere le ansie e le aspettative di crescita e di sviluppo della città e della provincia di Crotone.

Questa sì che sarebbe “cosa buona e giusta”.

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