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Frode e maxi truffa allo Stato. 26 indagati, il blitz parte da Parma e arriva a Crotone

Redazione

È partita da Parma estendendosi su altre sei province, compresa quella calabrese di Crotone, l’operazione della Guardia di Finanza contro una presunta organizzazione che avrebbe effettuato delle frodi fiscali e una truffa ai danni dello Stato.

Trenta le perquisizioni locali eseguite dai militari nella provincia emiliana ma anche a Napoli, Salerno, Modena, Reggio Emilia, Roma e, come dicevamo, Crotone, nei confronti di 26 persone indagate.

Con l’operazione di oggi, denominata “Paga Globale”, i militari stanno notificando un’ordinanza cautelare e un decreto di sequestro preventivo, emessa dal Gip del Tribunale di Parma, su richiesta della Procura della Repubblica.

In carcere è finito un imprenditore di origini campane, che opera stabilmente nel parmense nel settore della impiantistica industriale, mentre altre sei persone sono state poste ai domiciliari perché ritenute coinvolte nella vicenda a vario titolo.

Tra quest’ultimi figurano cinque professionisti, di stanza nel napoletano ma attivi sempre parmense, che secondo gli inquirenti avrebbero messo a disposizione del “dominus” dell’organizzazione, le loro competenze per realizzare le frodi e la truffa.

Le indagini, condotte dalla Tenenza della Guardia di Finanza di Fidenza e coordinate e dirette dalla Procura, sono partite da una verifica fiscale nei confronti di due distinte società, riconducibili all’imprenditore arrestato. Esaminandone la documentazione contabile ed extracontabile sarebbe uscito a galla, sin da subito, un meccanismo ritenuto “artificioso e fraudolento” ai danni dell’Inps: uno schema che – secondo gli inquirenti – avrebbe previsto il ricorso “sistematico ed illecito” – agli istituti della “malattia” e dell’ammortizzatore socialedel “contratto di solidarietà”.

I lavoratori dipendenti, in pratica, pur risultando assenti per malattia o inseriti nel programma di riduzione dell’orario, avrebbero continuato a prestare ugualmente la loro attività negli stessi giorni in cui sarebbero dovuti essere a riposo, percependo lo stipendio con un sistema di retribuzione ufficioso definito come “paga globale”.

In sostanza, il dipendente veniva retribuito, a prescindere dalle previsioni del contratto nazionale di categoria del settore, con una paga oraria forfettaria: le buste paga ufficiali venivano predisposte regolarmente inserendo le ore da contratto sindacale, mentre la retribuzione effettiva era calcolata invece sulla base dei “fogli di lavoro”, cioè con le ore effettivamente svolte.

Con questo metodo a farne le spese è lo Stato che al eroga le indennità non dovute al posto del datore di lavoro e incamera meno tasse dalle trattenute fiscali e previdenziali. A perderci anche gli stessi dipendenti che pur percependo nell’immediato una retribuzione più alta, non maturano la giusta contribuzione ai fini pensionistici.

Inoltre, con questo stratagemma la società sarebbe riuscita nel tempo a contabilizzare indebitamente ingenticrediti erariali grazie all’anticipo, per conto dell’Inps, delle indennità di “malattia” e “contratto di solidarietà”.

Crediti, però, fittizi e non spettanti, che venivano utilizzati successivamente per compensare i debiti tributarie, conseguentemente, non versare le altre imposte dovute, ad esempio ritenute alla fonte, Iva e imposte sui redditi.

I dipendenti, poi, a loro insaputa, erano stati anche sottoposti a licenziamento collettivo e collocati in “mobilità”, per poi essere immediatamente riassunti da un’altra società riconducibile alle stesso imprenditore: in questo modo, grazie alla consulenza dei professionisti “compiacenti”, l’imprenditore sarebbe riuscito ad accedere alle agevolazioni previste per l’assunzione di lavoratori in “mobilità”, pagando meno di un quinto dei contributi previdenziali effettivamente dovuti.

L’indagine, sviluppata con tecniche di investigazione puraintercettazioni telefoniche e ambientali, pedinamenti, appostamenti ed esami documentali – oltre alla truffa allo Stato, avrebbe permesso di svelare quello che gli inquirenti definiscono come un sistema criminoso ampio e collaudato nel quale l’imprenditore, grazie al contributo di vari professionisti ed alla costituzione di una serie di società succedutesi nel tempo, era riuscito a costruirsi una realtà contabile totalmente artefatta”.

Gli artifici utilizzati, di molteplice natura, avrebbero spaziato dalla simulazione di operazioni straordinarie,come l’affitto di rami d’azienda; all’emissione ed annotazione di fatture per operazioni inesistenti avvalendosi di numerose società “cartiere” che avrebbero tutte fatto capo ad un altro soggetto, finito anche lui ai domiciliari; per passare poi alla fruizione indebita di agevolazioni fiscali e la compensazione di tributi con crediti Iva inesistenti.

Nel giro di un paio d’anni, il tutto avrebbe fruttato risparmi ingiusti per oltre 2,6 milioni di euro.

Nell’ambito dell’indagine, sarebbe accertato anche un caso di usura da parte dei professionisti coinvolti ai danni di un imprenditore del parmense.

In particolare, dopo la querela sporta da quest’ultimo, sono stati svolti degli che avrebbero portato ad accertare l’applicazione di un tasso usurario del 117% su un prestito di 10 mila euro, concesso per sopperire ad una momentanea mancanza di liquidità.

Al termine delle investigazioni, così, l’Autorità Giudiziaria ha emesso oltre che l’ordinanza di custodia cautelare, anche un provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta e, in alternativa, per equivalente, di beni mobili, immobili, quote societarie e disponibilità liquide delle società coinvolte e dei presunti “solidali”, fino alla concorrenza dei tributi che si ritengono evasi, pari a circa 2,3 milioni di euro.

Contestualmente sono state eseguite, su disposizione della Procura della Repubblica di Parma e con l’impiego di circa 100 militari del Comando Provinciale Parma e dei Reparti del Corpo competenti territorialmente, le 30 perquisizioni locali nelle sette province interessate.

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