«Stimolato da un recente editoriale sul mondo dell’editoria nel comprensorio della Sibaritide, desidero contribuire mediante un’esperienza ultraventennale vissuta nel settore della radiofonia a una maggiore riflessione sul tema attraverso la mia testimonianza diretta. Editore di Radio Luna prima, di Radio Tir Rossano poi e, successivamente, di Radio Rossano Centro, insieme ad altri soci, parto in questo editoriale da molto lontano al fine di meglio comprendere il sistema dell’emittenza radiotelevisiva. Nel 1974, la Corte Costituzionale concede ai privati la facoltà di trasmettere via cavo in ambito locale. E’ la prima storica sentenza contro il monopolio statale. La trasmissione via etere rimane interdetta ai privati. Nel 1976 arriva una seconda, decisiva, sentenza della Corte Costituzionale: viene liberalizzata la trasmissione via etere in ambito locale. Le radio libere ottengono così copertura legale; da allora possono moltiplicarsi su tutto il territorio nazionale. Nel 1978 inizia a trasmettere l’allora, nostra concorrente, Radio Rossano Centro, da me e dai miei soci acquistata poi nel 1986. Nel 1979 c’è il debutto di Radio Luna che successivamente prenderà il nome di Radio TIR Rossano. Parlo dell’inizio e della fine di queste due emittenti perché sarò protagonista, nel bene e nel male, della loro esistenza e della loro fine.
Interrompo gli studi universitari, quasi alla fine, per intraprendere il lavoro di editore radiofonico: viaggi di aggiornamento, conoscenze con noti conduttori, interfacciamenti continui con un mondo nuovo ma che da Roma in su aveva già preso piede da un po’ di anni. Ero finito nel mondo che mi ha sempre appassionato e fatto sognare. Il mondo della Musica! Ben presto le mie due radio, grazie anche ai miei soci e collaboratori, iniziano ad avere un notevole successo di ascolto. La Radio è, dall’inizio, una scoperta sempre nuova. Ci metto intuito, voglia di conoscere questo mondo, tanta, ma tanta passione, e il timone a dritta! All’inizio mi prendono per pazzo. “Chi lavoru fai? E chi re? Mah”. Contro tutti, intraprendo questo lavoro a 24 anni. L’abbandono, non senza qualche rimpianto, appunto nel 2004, a 49 anni! Si dice che è meglio avere rimorsi che rimpianti. Si, forse non sono stato capace di abdicare al mio modo di essere, la mia onestà intellettuale non è scesa mai a compromessi o giri di parole e fatti. Abdicando, forse, avrei ridato nuova linfa all’economia della mia impresa per poter proseguire a trasmettere. Ma ciò non è stato, e il ramo di azienda della mia società è stato venduto. Kiss Kiss e DeeJay, oggi, illuminano il nostro territorio con le frequenze che sono state mie, dei miei soci e dei miei collaboratori ma soprattutto dei nostri ascoltatori. Di sicuro non è stata l’unica, né comunque la più importante causa che mi ha portato alla scelta di vendere le due emittenti. Già da qualche anno gli introiti pubblicitari arrancavano, la crisi era alle porte, checché ne dicano i vari analisti del mercato che segnano il 2008 come inizio della crisi. No, la crisi è iniziata già all’indomani dell’entrata in vigore dell’euro. Non perché era la moneta a determinare uno sconquasso economico/finanziario in tutti i settori economici, ma è stato, a mio parere, l’innalzamento dei prezzi, e il congelamento degli stipendi, a buttar giù ogni tipo di attività.
I commercianti, nostri inserzionisti, cominciano a incassare sempre meno e a tagliare i costi. La pubblicità in primis. Poi, se aggiungiamo che fare pubblicità era, per le imprese committenti, oltre che un “salasso”, per via degli Studi di Settore, un investimento che, per le ragioni della crisi, poteva essere evitato (concetto tutto da discutere, e comunque più volte “consigliato” dall’allora Ministro dell’Economia Tremonti), vi lascio immaginare quanti pochi contratti entravano in radio. Aggiungiamo anche: territorio povero, incentivi praticamente inesistenti, aiuti statali minimi (se togliamo le provvidenze sull’editoria con il rimborso del 50% di consumo elettrico e telefonate, null’altro ci veniva concesso). Eravamo testate radiofoniche, con tanto di direttore responsabile, conduttori, fonici. Tutto personale assunto con regolare Contratto Nazionale di Categoria. Le spese c’erano, le entrate no! In verità a livello locale qualche amministrazione si è ricordata di noi, molte altre ci hanno ignorato completamente. Giornali radio, dibattiti, intrattenimento, buona musica, erano le componenti essenziali dei nostri palinsesti. 24 ore al giorno, tutti i giorni dell’anno eravamo in diretta, a eccezione del 25 dicembre, del 1 gennaio, del giorno di Pasqua, del 1 maggio e del 15 agosto. Eravamo, praticamente, un giornale radiodiffuso! Altro grosso condizionamento lo abbiamo subito con l’avvento dei network che con i loro denari rastrellano frequenze in tutta Italia pur di far giungere all’orecchio della gente più lontana il proprio segnale. Gli ascolti iniziano a diminuire, le inserzioni pubblicitarie anche! Eppure il 2001 avevamo giocato la carta del rilanciato con l’acquisto di apparecchiature professionali di bassa e alta frequenza. In più, diamo vita a un intervento di riqualificazione degli studi e all’acquisto di un Motorhome Laika 620 per poter realizzare le dirette in esterno (storiche sono state quelle dal Lulapaluza di Rossano). Tutto ciò con finanziamenti che ci hanno “succhiato il sangue” con tassi di interesse così alti che hanno sfiorato quelli usurai. Il 2004 è l’anno cruciale. Non più rinvii. Una cordata di professionisti si e propone a rilevare il ramo d’azienda (l’impresa di radiodiffusione sonora a mezzo di una concessione) ma, a distanza di mesi, tale “voce” si spegne dando il via all’acquisizione delle frequenze da parte di Radio Kiss Kiss di Napoli. La “guerra” contro i colossi è perduta! Loro dispongono di tanti money, di conduttori conosciutissimi ai più, di canali televisivi, di interviste, di attrezzature e quindi di migliore copertura del segnale. Davide perde contro Golia! Ciò per cui è nata la radio locale, prettamente locale, gradualmente scompare! Rimangono in piedi le radio locali dei capoluoghi di provincia o chi ha alle spalle grossi capitali. Le nuove generazioni, plasmati dalla televisione, ma maggiormente dalla Rete, scelgono la moda, il top. Non interessa loro se alla radio c’è Antonio o Pasquale. Loro scelgono i vari Linus, Albertino, Nicola Savino, Alessandro Cattelan, DJ Angelo, Federico Russo, Fabio Volo, Giorgia Surina, Armando Piccolillo, Max Viggiani, Luigi Pelazza, Gianni Simioli e ancora Pippo Pelo, Francesco Facchinetti e tanti altri. La crisi finanziaria globale taglia le gambe al ceto medio e ai poveri, non certo a chi i soldi li ha sempre avuti, anzi questa situazione arreca loro più ricchezza. Tutto quanto accade porta via la vera partecipazione alla vita di una radio, fatta per l’ascoltatore del luogo, per il riconoscimento delle proprie tradizioni, cultura, modo di fare e di essere. La radio locale andrà a scomparire perché non ci sono grossi guadagni eppure gli investimenti non mancano. Le pubblicità nazionali, dove ci sono grosse somme investite dai clienti nazionali e internazionali, sono ad appannaggio dei network o di quelle emittenti presenti nei capoluoghi di provincia e comunque con dietro personaggi che con la pura editoria non hanno nulla a che spartire, se non solo i guadagni. Le radio locali dovevano essere un patrimonio da salvaguardare a tutti i costi proprio perché del territorio, quel territorio lasciato ora agli squali, ai predatori telecomandati. E che non si dica che la forma giuridica dell’impresa radiofonica lascia nelle sole mani dell’imprenditore la vita e la morte di ciò che amministra, perché la mia radio, è stata di tutti coloro i quali l’hanno resa “viva”. Respirava l’aria della sibaritide.
Io critico, per forma mentis, il mondo del capitalismo che non guarda in faccia a nessuno se non al proprio profitto. “Io ti mangio perché sei un pesce piccolo, e se non vuoi essere mangiato ti farò morire lo stesso!”. Questo è la conseguenza di aver dato modo, a questo tipo di progresso e ai soggetti “attori”, di sbarazzarsi di quei piccoli imprenditori che con la loro attività, oltre che a dare voce al proprio territorio, cercavano di portare a casa uno stipendio dignitoso per se e per i propri collaboratori. La sovranità fatta da questi soggetti non accetta né limiti, né confini, non ha centro né periferie, vuole controllare tutti gli aspetti del corpo e della mente, superare la storia e porsi come la fonte della pace, della legittimità, della giustizia. Praticamente, la “manipolazione” avviene così bene che ti illudi che ciò stia veramente accadendo! La radio è finita per tre motivi fondamentali: l’avvento dei Network, forza economica ai minimi, il non riconoscimento di questo soggetto impresa: la non salvaguardia della testata giornalistica radiodiffusa da parte di Enti locali e dello Stato. Per farla breve, se io, impresa, ricevo da te, Stato, una concessione e te la pago, come pago anche le tasse, la SIAE, i dipendenti, i dischi, le apparecchiature, le utenze, ecc, ecc, ecc, posso avere un attimo di attenzione da te, Stato, quando le cose vanno male? No, è stata la risposta! Sei impresa, e come tale, visto l’ordinamento giuridico che disciplina tale Diritto, te la devi cavare da solo!».