Nemmeno sei mesi fa, dopo l’omicidio di Soumaila Sacko, a governo appena insediato, sulla tendopoli di San Ferdinando e sui braccianti della piana di Gioia Tauro all’Unione Sindacale di Base era stato promesso di tutto di più: tavolo interministeriale, sblocco della situazione abitativa e di quella amministrativa, nuovi processi di reclutamento. In due parole: diritti e dignità.
Oggi la situazione è stata ribaltata. Stesso governo, uguale prefetto, problemi immutati, ma le riunioni si fanno senza i rappresentanti dei lavoratori perché, sembra di capire, la questione della tendopoli di San Ferdinando è stata derubricata a problema di ordine pubblico, in omaggio alla linea dura salviniana di criminalizzazione degli ultimi in genere e dei migranti in particolare.
Così nei giorni scorsi, per l’ennesima volta, alla riunione convocata dalla Prefettura erano presenti il sindaco di San Ferdinando, la Commissione straordinaria di Gioia Tauro, un assessore del Comune di Rosarno, la Protezione civile regionale, rappresentanti della Città metropolitana, delle Forze dell’Ordine, del Consorzio regionale per lo Sviluppo delle Attività Produttive (CORAP) e dell’Ispettorato territoriale del Lavoro. Ma non USB. Non i lavoratori. Quelli sono stati sfrattati, in attesa evidentemente di far partire sgomberi di altro genere.
USB non può che registrare come le istituzioni continuino ad affrontare nella maniera peggiore una problematica tanto grave e di urgenza ormai cronicizzata.
Il fine dell’ultima riunione sarebbe di realizzare nella Piana un modello di accoglienza diffusa, ritenuta anche da noi la soluzione definitiva oltreché praticabile, considerando da una parte i dati del vuoto abitativo (secondo Istat nella Piana di Gioia Tauro si parla di 15mila appartamenti vuoti o poco utilizzati) e dall’altra l’esistenza a pochi chilometri di un’esperienza virtuosa. Non la ben nota Riace ma Drosi, comune di Rizziconi, dove grazie a un progetto della Caritas che si è fatta garante del pagamento degli affitti, circa 150 lavoratori hanno avuto la possibilità di avere un tetto sotto il quale vivere in maniera dignitosa.
A San Ferdinando, da quando è stata firmata la convenzione per la realizzazione della nuova tendopoli, agli inizi del 2016, tutto è rimasto alle belle parole, preferendo il fossilizzarsi nel limbo dell’emergenza, dell’accampamento, tende o containers che siano, dell’apartheid.
Oggi non ci sono nemmeno più le belle parole. Gli incontri istituzionali avvengono senza il minimo coinvolgimento né dei lavoratori né delle organizzazioni come USB che li rappresentano. È vero che gli sgomberi sono il cavallo di battaglia di questo governo, ma procedere con un’azione di forza in un’area che conta oltre 2mila presenze è una scelta scellerata.
Non vorremmo che oltre alla guerra del ministro Salvini, eletto proprio in Calabria, influisse su un eventuale sgombero coatto anche il varo della ZES di Gioia Tauro, una Zona economica speciale in grado di riaccendere alla massima potenza gli appetiti di cosche, che fin qui hanno dimostrato un ferreo controllo sull’economia locale, e banche.
USB si augura che la Prefettura riconvochi al più presto il “Tavolo permanente” sulle condizioni dei braccianti della Piana, avviato un anno fa dopo le richieste del nostro sindacato e non più convocato da dopo l’uccisione di Soumaila Sacko, e che non ci si faccia prendere dalla smania di liberare l’area per inseguire la ZES, ma che si affrontino i problemi reali del territorio e delle persone che ci vivono e lavorano.