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“Il piano nazionale dell’Università digitale” è stato il tema della quarta edizione dei “Magnifici incontri” promossi a Udine dalla Conferenza dei Rettori delle Università Italiane e dall’Ateneo locale guidato da Alberto De Toni. Tra i partecipanti per l’Università della Calabria, il Rettore Gino M. Crisci, il Delegato alla Didattica Francesco Scarcello e Mario Caligiuri del Dipartimento di Lingue e Scienze dell’Educazione. Quest’ultimo è intervenuto alla tavola rotonda “Il digitale come driver dell’innovazione didattica” coordinata da Susanna Sancassani del Politecnico di Milano, dove ha dato il suo contributo anche Francesco Scarcello. Per Caligiuri “la rete è ormai diventata il principale spazio economico e informativo, politico ed educativo, poiché quote sempre più rilevanti di “nativi digitali” trascorrono più tempo, e con maggiore attenzione, davanti allo schermo che nel dialogo con insegnanti e genitori”. Caligiuri ha poi ricordato i dati di un’indagine OCSE del 2016 dalla quale risulta che nel nostro Paese circa il 28 per cento è analfabeta funzionale e tra questi il 4.1 di laureati, che quindi non sanno leggere, scrivere e far di conto in modo appropriato. A riguardo ha anche evidenziato il divario educativo tra Nord e Sud, come rilevato dalla Fondazione “Agnelli” che lo identifica in circa un anno di differenza. Il divario si ripropone anche nel finanziamento ministeriale agli atenei che valorizzano alcuni parametri e ne penalizzano altri. Caligiuri ha poi ribadito che scuole e università si sono trasformate negli ultimi decenni, sopratutto in alcune aree del Paese, in ammortizzatori sociali per docenti e studenti. Inoltre, pur in presenza di una certa facilitazione degli studi, si sta verificando che quote sempre più rilevanti di giovani non studiano e non lavorano, contribuendo in modo rilevante alla crisi economica del Paese. Il docente calabrese si e poi soffermato sulla “Terza missione” dell’Università relativa al collegamento con il mondo del lavoro. A proposito ha ricordato una recente ricerca del Dipartimento del Lavoro degli Stati Uniti d’America in base alla quale chi si iscrive adesso al primo anno di scuola quando terminerà gli studi farà un lavoro che ancora non è stato inventato. Dalla tavola rotonda è emerso che prioritariamente occorre sviluppare le competenze pedagogiche. A proposito Caligiuri ha ipotizzato che tra qualche anno la Pedagogia potrebbe diventare una branca della medicina, poiché saranno indispensabili per insegnare discipline come le neuroscienze, che studiano il funzionamento della mente, e la genetica, che, insieme all’ambiente, determina lo sviluppo delle capacità cognitive. Riprendendo un’argomentazione avanzata da Roberta Piazza dell’Università di Catania, Caligiuri ha ribadito che l’elemento chiave è sempre più rappresentato dagli insegnanti e non dalle tecnologie. Il docente dell‘Università della Calabria ha ricordato che mentre in 20 anni è cambiato praticamente il mondo, nelle scuole e nelle università di continua a insegnare sostanzialmente come centinaia di anni fa. A tale riguardo, ha ricordato che risale al Ministro della Pubblica Istruzione Michele Coppino la decisione, assunta nel 1877, di studiare la “Divina Commedia” negli ultimi tre anni dei Licei. Caligiuri ha poi evidenziato che “oggi gli insegnanti dialogano con grande difficoltà con gli studenti che selezionano le informazioni a livello cerebrale in modo diverso. Infatti, presto nelle scuole avremo a che fare con studenti a tre dimensioni: quella tradizionale, cioè “fisica”; quella “virtuale”, che si sviluppa attraverso l’interazione con il cyber spazio e, tra non molto, anche quella “aumentata”, determinata dall’ibridazione con l’intelligenza artificiale che, se non ben controllata, potrebbe sconvolgere l’umanità”. Infine Caligiuri si è soffermato sull’esperienza dei MOOC (Massive Open Online Course) avviata nel 2011 alla Stanford University e poi sviluppata sopratutto dalle piattaforme Coursera e edX, che raggruppano le più prestigiose università americane con milioni di iscritti da circa 200 paesi. L’idea è quella di offrire gratuitamente on line corsi universitari di alta qualità soprattutto nei Paesi in via di sviluppo. Caligiuri ha, quindi, riportato il pensiero di Martin Ford, industriale e studioso statunitense, il quale ritiene che i MOOC attirino solo gli studenti motivati, in grado di autoapprendere e già inclini a frequentare le università tradizionali, mentre non riescono a coinvolgere gli studenti poveri e poco istruiti che potrebbero trarre più vantaggi dall’istruzione. Inoltre è stato evidenziato che attraverso i MOOC le università prestigiose potranno aumentare il proprio vantaggio competitivo, costringendo gli altri atenei a chiudere. Caligiuri ha quindi concluso dicendo che i MOOC più che rispondere alla necessità della trasmissione di conoscenza rispondono probabilmente a “modelli di business”.
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