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G7, Gentiloni negli Usa da Trump: “Questo può essere l’anno della sconfitta di Daesh”

Redazione

“I nostri rapporti con gli Stati Uniti sono storici: ci teniamo molto, sono sempre stati il pilastro della nostra politica estera. E’ interesse dell’Italia coltivare questa relazione perché è fondamentale per gestire le crisi del Mediterraneo a partire dalla Libia”. Lo dice Paolo Gentiloni a poche ore dall’incontro con Donald Trump. “Questo non vuol dire solo confermare un ancoraggio storico della nostra politica estera ma coltivare i nostri interessi nazionali, con i nostri principi e i nostri valori che sosteniamo a testa alta”.

L’alleanza con gli Stati Uniti dell’Italia è nel nostro interesse in un teatro come la Libia per “far fronte ai fenomeni migratori, contrastare i trafficanti di esseri umani e combattere il terrorismo”, sottolinea il presidente del Consiglio.

“Questo – ha evidenziato il premier in un intervento al think thank di destra ‘Center for Stategic and International Studies – può essere l’anno della sconfitta di Daesh”. Lo dice il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, intervenendo a Washington al think tank Center for strategic e international studies (Csis). Tra le “priorità” nell’area del Mediterraneo, sottolinea, c’è “combattere il terrorismo e in particolare sradicare Daesh”.

A un mese dal G7 di Taormina, in un momento di grande tensione internazionale, Paolo Gentiloni varca per la prima volta la soglia della Casa Bianca nell’era Trump. Il presidente del Consiglio è a Washington e domani sarà a Ottawa, dal primo ministro canadese Justin Trudeau.

Due colloqui che completano il tour di incontri con i leader del G7 in vista del vertice siciliano, ma che sono anche occasione di affrontare temi delicati come la spinta protezionista della nuova amministrazione americana e la stabilità nel Mediterraneo, a partire da Siria, Libia e Iraq. Mentre crescono le tensioni, dalla Corea del Nord all’Afghanistan, e si riassestano gli equilibri geopolitici, i colloqui di Washington serviranno a saggiare i rapporti con la nuova presidenza, fermo restando che, come detto a più riprese da Gentiloni, l’alleanza con gli Usa è un “caposaldo” della nostra politica estera. A Trump, affermano gli sherpa italiani, il premier si presenta forte di una storica capacità di dialogo e intermediazione, dalla Russia ai Paesi arabi, e di un impegno importante all’estero: ad oggi schieriamo 4.100 militari dall’Afghanistan all’Iraq, dal Libano al Mali e la Libia, con compiti di sostegno e addestramento delle forze di sicurezza locali. Gli Usa, secondo indiscrezioni di stampa, potrebbero chiedere all’Italia di cambiare la natura della presenza in Iraq e partecipare anche a operazioni militari. Fonti italiane per ora non si aspettano una richiesta in tal senso e precisano che finora nessun segnale è arrivato in questa direzione da oltreoceano.

Prima dell’incontro alla Casa Bianca, Gentiloni ha tenuto al think tank di destra “Center for Strategic and International Studies (Csis) un intervento dal titolo “La sicurezza nel Mediterraneo come caposaldo della stabilità globale”.

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