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Regioni Italia cercano il rilancio in Ue. Germania accelera

Redazione

“È come combattere una corazzata con una barchetta” lamenta sconsolato il funzionario di una delegazione regionale italiana a Bruxelles. E in effetti basta fare un confronto con gli uffici di qualche Lander tedesco, o territorio francese e spagnolo, per cogliere l’essenza della sua affermazione. Un esempio su tutti: le regioni tedesche Baviera e Baden Wuerttemberg, nella capitale europea, insieme possono contare su un totale di 65 persone, mentre sono appena un’ottantina in tutto i funzionari al servizio delle 20 regioni italiane.

 

A Bruxelles si contano circa 200 uffici regionali di collegamento con l’Ue su quasi 300 regioni europee. Quelli italiani sono nati con la legge n.52 del 1996, ed è stata l’Emilia-Romagna, di fatto nella città belga dal 1994, ad inaugurare il primo. Mentre le Province autonome di Bolzano e Trento nel 1995 hanno fondato la prima sede transfrontaliera col Tirolo austriaco.

 

“Essere presenti a Bruxelles e seguire con costanza i diversi dossier europei è cruciale per il sistema regionale”, spiega il governatore pugliese Michele Emiliano. Una presenza che è utile per difendere “gli interessi” regionali “in tutti i campi che hanno un impatto sul territorio”, dall’agricoltura al sociale, evidenzia il governatore toscano Enrico Rossi. L’ufficio di Bruxelles “assolve quindi alla funzione di ‘front office’ del sistema regionale presso l’Unione europea”, specifica Marco Paolo Mantile, direttore della ‘ambasciata’ del Veneto presso l’Ue.

 

Per abbattere i costi di gestione e potenziare la collaborazione fra territori, la Toscana condivide degli spazi di proprietà con Marche, Umbria e Lazio (che affitta alcuni locali alla Sardegna). La Liguria, invece, si è recentemente spostata nello stesso edificio di Piemonte, Valle d’Aosta e delle francesi Provenza-Alpi-Costa Azzurra e Auvergne-Rhone-Alpes, così da poter “collaborare attivamente su dossier comuni” e “massimizzare l’impatto nei confronti delle istituzioni europee”, spiega il responsabile della sede piemontese, Davide Donati.

 

L’impegno di alcuni a unire le forze, non nasconde però profonde disparità nella conta dei funzionari attivi a Bruxelles: si va dal solo dipendente di Marche e Umbria, agli 11 della Lombardia, passando da Liguria, Valle d’Aosta, Lazio, Molise, Abruzzo, Provincia autonoma di Bolzano (2 persone), Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Campania (3), Puglia (4), Provincia autonoma di Trento (5), Toscana (7), Veneto (9), ed Emilia-Romagna (10). Solo la Basilicata al momento non ha nessun rappresentante fisso a Bruxelles e gestisce la sua “Antenna” da Potenza attraverso la società ‘in house’ Sviluppo Basilicata.

 

I beninformati spiegano che la differenza fra le forze messe in campo dipende storicamente dalla quantità di fondi strutturali di cui beneficiano le regioni, “perché attirare finanziamenti diretti tramite programmi come Horizon 2020 richiede maggiore impegno”. In futuro potrebbe però esserci un’inversione di tendenza: Sardegna e Calabria nei prossimi mesi rafforzeranno i propri presidi con l’aggiunta rispettivamente di 2 (per un totale di 5) e 5 (per un totale di 6) unità. La Sicilia entro metà giugno terminerà il riassestamento del suo ufficio, oggetto di forti critiche in passato, assegnandovi 5 dipendenti che dovranno concentrarsi su fondi diretti e attività di lobbying presso le istituzioni Ue. Le regioni italiane devono però ancora recuperare un ritardo storico dovuto al loro sbarco tardivo a Bruxelles rispetto alle vicine di Spagna, Francia e Germania.

 

La Bretagna francese, ad esempio, è arrivata nel 1990 e nel marzo scorso ha abbandonato la sede condivisa con altre regioni d’Oltralpe per inaugurare la propria “Maison”. La Catalogna spagnola ha festeggiato a novembre i 30 anni a Bruxelles e oggi ha anche uffici di esperti dedicati solamente alle imprese o al turismo. Il Baden Wuerttemberg, invece, è attivo in Belgio dal 1987, impiega 30 persone e ha due edifici di proprietà, dove il governo si riunisce almeno una volta l’anno. È il simbolo di una Germania che sta persino aumentando la propria presenza a Bruxelles dove, oltre a quelle del governo federale e dei 16 Lander, stanno aprendo le loro sedi anche città e provincie.

 

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