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In Calabria lieve calo dei reati nel ciclo illegale dei rifiuti.

Redazione

Il nuovo Rapporto Ecomafia 2017 di Legambiente, che sarà presentato a Roma il prossimo 3 luglio, mostrerà un dato importante per la Calabria: un lieve calo delle infrazioni nel ciclo illegale dei rifiuti. La Calabria passa dal secondo al quarto posto nella classifica nazionale dell’illegalità nel ciclo dei rifiuti: sono 429 le infrazioni accertate rispetto alle 487 dello scorso anno.

Questo l’unico dato che è stato reso noto nel corso della conferenza di Legambiente Calabria nell’ambito di “Trame Festival” a Lamezia Terme, nella sede di Palazzo Nicotera, su “Ecomafie: la criminalità ambientale”. Presenti al dibattito, il responsabile nazionale Osservatorio ambiente e legalità Antonio Pergolizzi ed il vicepresidente di Legambiente Calabria Andrea Dominijanni. I lavori sono stati coordinati dal giornalista Pasqualino Rettura.

Oltre al ciclo illegale dei rifiuti, il prossimo 3 luglio saranno resi noti anche i dati calabresi che riguardano l’abusivismo edilizio, i delitti contro gli animali e la fauna selvatica, le archeomafie, gli incendi, le agromafie e reati nel settore delle energie rinnovabili.

“Nel corso del 2016 – ha spiegato Pergolizzi – le forze dell’Ordine hanno contestato in Calabria ben 429 reati, in leggero calo rispetto all’anno precedente. Si tratta di un numero di reati che copre circa il 7,5% sul totale nazionale. Per i reati connessi alla gestione dei rifiuti sono state denunciate 445 persone, mentre 8 sono state arrestate”. Pergolizzi ha reso noto anche che, “su scala provinciale, Reggio Calabria, con 217 illeciti, è la seconda, subito dopo Napoli”.

“Rispetto all’applicazione della legge 68 sui cosiddetti ecoreati – ha detto ancora il responsabile nazionale dell’Osservatorio di Legambiente – la Calabria è al primo posto per il maggior numero di casi contestati di inquinamento ambientale e di sequestri”.

“Serve un cambio di marcia che parta dal territorio in tema di gestione delle risorse ambientali e di servizi pubblici essenziali, come i rifiuti, – ha concluso Pergolizzi -. La migliore lotta all’ecomafia è quella di dotarsi di modelli di gestione e di governance moderni, trasparenti e circolari. Se si continua con il trasporto e il conferimento in discarica, i clan continueranno a essere imbattibili. Così come la lotta alla corruzione, anche in Calabria, rappresenta una priorità assoluta, poichè insieme alle ‘ndrine sono ancora oggi il più pesante fardello per l’intera comunità calabrese”.

I numeri del prossimo Rapporto – ha affermato Andrea Dominijanni, vicepresidente regionale Legambiente – forniranno una fotografia più ampia delle illegalità ambientali nella nostra regione, ma i dati degli ecoreati accertati dall’entrata in vigore della legge 68 del 19 maggio 2015, che ha introdotto nel nostro Codice penale il Titolo VI-bis dedicato ai delitti ambientali, stanno dimostrando tutta l’efficacia del nuovo sistema sanzionatorio”.

La legge sugli ecoreati ha fornito un valido strumento operativo alle forze dell’ordine e all’autorità giudiziaria per poter fermare gli eco criminali. Le novità importanti di questa legge sono diverse. I cinque nuovi ecoreati del codice penale sono: inquinamento, disastro ambientale, traffico e abbandono di materiale radioattivo, impedimento del controllo e omessa bonifica. Le pene sono molto importanti: si va dalla reclusione da 2 a 6 anni per il delitto di inquinamento a quella da 5 a 15 anni per chi commette un disastro ambientale. I tempi di prescrizione raddoppiano (il delitto di disastro ambientale si prescrive addirittura in 30 anni) ed è prevista una lunga serie di aggravanti, tra cui quelle per lesione, morte, ecomafia e corruzione, e si possono eseguire le confische dei beni (anche per equivalente) in caso di condanna. La legge prevede anche sconti di pena per chi si adopera a bonificare in tempi certi (questo accelererà inevitabilmente il processo di risanamento in Italia) e un sistema di estinzione amministrativa dei reati minori se vengono rispettate in tempi certi le prescrizioni dettate dagli organi di controllo come l’Arpacal. Sono previste anche sanzioni severe come la responsabilità giuridica delle imprese. Sono nuovi delitti che non sostituiscono o abrogano le leggi precedenti (continuano a esistere i reati contravvenzionali), così come il nuovo disastro ambientale si aggiunge al vecchio disastro innominato (art. 434 del codice penale), utilizzato dai magistrati prima dell’approvazione della legge sugli ecoreati.

Si tratta di una riforma che è il frutto di un percorso tortuoso, lungo e faticoso, che ha visto Legambiente in prima linea sin dall’inizio di questa avventura iniziata nel 1994, dimostrando l’enorme importanza che la società civile può assumere per imporre l’interesse collettivo al centro dell’azione politica, al di là dei singoli schieramenti partitici.

 

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