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CALABRIA: AGENDA URBANA ‘21/2027. GLI EQUILIBRI CENTRALISTI CANCELLANO CORIGLIANO-ROSSANO E CROTONE

Redazione

Accantonati gli inteventi per le Aree Urbane minori. Corsia preferenziale ai soli Capoluoghi storici.
I ritardi delle Amministrazioni joniche nell’attuazione di progetti finalizzati ad elevare il territorio, determinano la subalternità dello Jonio rispetto agli altri contesti

In una recente delibera di Giunta, la Regione Calabria ha depennato (almeno per il momento) i fondi di Agenda Urbana 21/27 destinati a 5 delle 8 Aree Urbane regionali. La spada di Damocle grava sulle sorti di Corigliano-Rossano, Lamezia Terme, Crotone, Vibo V e l’ambito della Città Porto (Gioia Tauro, Rosarno, San Ferdinando). Al contrario, invece, percorsi di prelazione favoriscono le tre Aree Urbane dei Capoluoghi storici (RC, CZ e CS-Rende). 

Non che la cosa ci meravigli, s’intende. Ormai la bieca visione regionale, volutamente schiacciata sull’accentramento di risorse e competenze esclusivamente verso i poli principali, è arrivata a tal punto da non scandalizzare nessuno. Tuttavia, spiace prendere atto che l’ennesimo scippo, nonché l’ulteriore mortificazione, consumata a scapito di talune realtà, passi quasi del tutto inosservata dalla pur folta Rappresentanza Istituzionale che fa capo ai contesti sibariti, lamentino, vibonesi e della Piana. Escludiamo dal nutrito elenco il Crotonese. Non già perché terriorio non meritevole d’attenzione, anzi… Piuttosto perché ormai appare chiaro anche ai meno avveduti quanto impalpabile sia — numericamente parlando — la delegazione Politica dell’estremo levante calabrese. 

Ad onor del vero, fatta salva la posizione del Sindaco di Corigliano-Rossano sulla tematica, non ci è parso di scorgere il minimo risentimento neppure da parte delle Istituzioni locali. 

La vicenda, proprio per le caratteristiche su denunciate, assume connotati ancora più grotteschi, inquadrandosi in un contesto che definire surreale sarebbe un eufemismo. 

È bene ricordare che l’Agenda Urbana per l’Unione Europea rappresenta una iniziativa intergovernativa lanciata dal “Patto di Amsterdam” il 30 maggio 2016. Obiettivo dell’operazione è quello di favorire — attraverso la partecipazione alla definizione delle politiche europee — uno sviluppo equilibrato, sostenibile e integrato delle Città europee. Con il fine ultimo di incrementare vivibilità, attrattività e per stimolare l’innovazione degli ambiti urbani.

Va de se che, quanto appena ricordato, debba (o almeno dovrebbe) facilitare il percorso di quelle aree marginali europee affinché si possano creare i presupposti per un’accelerazione dei processi di governance. Pertanto, una devoluzione di fondi finalizzata a favorire la crescita dei richiamati contesti per portarli a competere con aree già più emancipate ed allocate nei medesimi riferimenti regionali e macroregionali. 

È altrettanto vero, però, che Il profilo di designazione delle Aree Urbane regionali nacque già viziato quando furono definiti perimetri, competenze e valenza degli ambiti urbani regionali. Nella prima decade degli anni 2000, infatti, si procedette alla classificazione delle polarità urbane calabresi. In quella circostanza furono riconosciute come Aree Urbane Principali (poli direzionali) i contesti di Reggio, Catanzaro e Cosenza-Rende. Per le richiamate Città fu applicato il principio 5.1a. Tale classificazione prevede spettanze di finanziamento che oscillano intorno ai 30 milioni di euro per settennio di programmazione per ognuna delle 3 Aree Urbane. 

Per le rimanenti 5 polarità (l’Area Urbana degli estinti Comuni di Corigliano e Rossano, Lamezia Terme, Crotone, Vibo e la Piana di Gioia) si applicò la misura 5.1b. Quest’ultima classificazione fu parametrata con una previsione di finanziamento compresa tra 16 e 19 milioni di euro a contesto.

Tuttavia, le caratteristiche che venivano espressamente richieste dall’Europa per la identificazione e la classificazione delle Aree Urbane erano e sono rappresentate dai riferimenti di dimensionalità territoriale ed indice demografico. Ebbene, nonostante nel frattempo (2018) fosse intervenuto un processo di fusione che aveva sancito la nascita della terza Città calabrese e la creazione del più grande territorio comunale in Regione, non sono state apportate modifiche atte a riequilibrare un dato che già, originariamente, appariva scriteriato. Si pensi che oggi la città di Corigliano-Rossano condivide la misura 5.1b, quindi la quantità di finanziamenti spettanti, con contesti come Vibo V. o come “la Città porto della Piana“. Purtuttavia, le menzionate Città, rappresentano ambiti, demograficamente e territorialmente, più succinti rispetto quelli delle già Città autonome di Corigliano e Rossano. Nonostante le lapalissiane differenze acclarate dai numeri e l’ulteriore distanziamento conclamato dal processo di fusione amministrativa jonica, le richiamate Città restano destinatarie delle medesime spettanze di Corigliano-Rossano. A fianco tale scellerato ed iniquo sistema di valutazione, che — come dimostrato — partiva già da un grossolano errore di fondo, duole registrare la mancata applicazione di correttivi da parte della Politica regionale. 

Al danno, quindi, si aggiunge la beffa! Non solo i tre Capoluoghi storici vengono incanalati in una corridoio preferenziale per ciò che attiene i fondi di Agenda Urbana, ma le rimanenti 5 polarità vengono “congelate” con la motivazione di aver  registrato avanzamenti poco significativi nella crescita e con risultati ancora ad uno stadio attuativo iniziale. 

Peccato, però, che la Politica tenda ad obliare sulle modalità con cui le identificate “Aree minori” accedano ai fondi in questione. Ebbene, mentre nel caso dei poli principali le interlocuzioni  avvengono direttamente tra Comuni e riferimenti europei, nella seconda casistica, invece, a mediare fra le due Istituzioni è l’Ente regionale di riferimento. Nel caso di specie: la Regione Calabria. 

Ed è lampante finanche ad un cieco quanto la Regione sia schiacciata da dinamiche centraliste che continuano, senza remora alcuna, a favorire taluni contesti. Vieppiù, marginalizzando e relegando in un angolo proprio quelle realtà che, seppur suffragate dai numeri, stentano ed arrancano a trovare la via dell’emancipazione. 

Si persevera, quindi, in una visione di aree di figli ed aree di figliastri, mentre una Classe politica poco attenta, ma non stupida, finge di non accorgersi di questa iniqua condizione, solo per mantenere ruoli di privilegio. Gli stessi ruoli concordati ed assegnati direttamente dalle sedi dei Capoluoghi storici. Insomma, si continua a vedere un “film” ormai vecchio. Una moderna rappresentazione di servile vassallaggio che le Rappresentanze locali esercitano verso i rispettivi centralismi storici. 

E, mentre nelle città di Lamezia, Vibo e Gioia si cercano soluzioni per accedere alle classificazioni importanti (Lamezia e Catanzaro pianificano da tempo la costituzione di un ambito metropolitano del centro Calabria, mentre Vibo e la Piana studiano percorsi comuni per aumentare l’appeal territoriale e demografico) l’opinione pubblica in Città come Crotone e Corigliano-Rossano risulta appiattita su se stessa. Non si riesce a fare di meglio, invero, rispetto a parlare di magnificenza degli eventi di Capodanno, restiling di piazze, aziende che rovinerebbero lo skyline di un lungomare, stemmi e gonfaloni.

Tale gioco al massacro si consuma mentre i tre Capoluoghi storici della Calabria continuano a recitare un ruolo di prim’ordine; non filtrato da altri Enti e a filo diretto con le Istituzioni europee. 

Chiaramente, una siffatta condizione non fa altro che produrre aree sempre più sature di servizi (CS, CZ, RC) e lande sempre più desolate e depresse come Corigliano-Rossano e Crotone. 

Invero, l’attuazione delle Zone Omogenee Territoriali (come già in essere in alcune Regioni del nord) avrebbe potuto favorire i processi di amalgama tra aree ad interesse comune. Sistemi amministrativi, i succitati, che avrebbero giocato un ruolo fondamentale nell’attuazione dei processi di modernizzazione europea. Del resto, e lo ripetiamo ormai da anni, continuare ad intendere la Sibaritide ed il Crotonese come territori separati, e marginali rispetto ai relativi contesti centralisti, non farà altro che continuare a scrivere la storia che ormai si ripete da oltre 50 anni: lasciare l’area dell’Arco Jonico in una condizione di sciocca e prona servitù ai desiderata dei centralismi regionali. Solo quando le Classi Dirigenti joniche dimostreranno coraggio e determinazione nell’attuazione di programmi e progetti finalizzati ad elevare il proprio territorio — ponendolo in una condizione di pari dignità con gli altri ambiti regionali — si potrà riscrivere una nuova pagina di progresso ed emancipazione. L’idea di una nuova Provincia jonica a saldo zero per lo Stato e con due Capoluoghi alla guida, d’altronde, è nata proprio per questo: favorire una diversa visione del territorio, concorrendo al riequilibrio di tutti gli ambiti regionali. 

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