Dalla filiera metalmeccanica alla filiera nautica. Dalla filiera energetica alla filiera dell’economia circolare. Dalla filiera ambientale alla filiera agroalimentare. Tutte Filiere attorno alle quali realizzare il Distretto Produttivo Regionale funzionale alla Transizione Ecologica e alla Transizione Digitale. Distretto sul quale il consiglio comunale della città di Crotone ha deliberato nei mesi scorsi senza, purtroppo, dar seguito ad un’azione corale e condivisa con altri enti e altre istituzioni.
Su questi temi e su questi binari vanno percorse le difficili e impervie strade del rilancio di Crotone senza lasciarsi travolgere dallo tsunami della de-industrializzazione che sembra imperversare un tutta Europa. Un rischio che, del resto, il nostro territorio ha già abbondantemente sperimentato sulla propria pelle con la chiusura delle fabbriche. De-industrializzazione alimentata dalla visione ideologica dell’ambiente e dalla svolta ambientale e green e da un eccesso di iper-regolamentazione che incentrata su una “legalità parolaia e populisitca e ideologica” antepone il rischio della contaminazione mafiosa, che esiste e non è da non sottovalutare, ad ogni ipotesi di progresso e di sviluppo. Da anni l’Europa e l’Italia stanno perdendo e, forse, hanno perso la strada della competitività.
Sotto quest’aspetto il Sud e la Calabria e Crotone possono aiutare l’intero continente a ritrovare e a ripercorrere questo sentiero interrotto. E se è vero che la Von Der Leyen ha chiesto a Mario Draghi di preparare un Piano per la Crescita Europea è necessario che i presidenti delle regioni meridionali, insieme, e non da soli e in solitudine, preparino e adottino un Piano per la Crescita del Sud. Una macroregione, il Sud, che, come stanno dimostrando i dati più recenti, può diventare la locomotiva dell’Italia e dell’Europa. Bisogna guardare al futuro. E bisogna farlo migliorando il funzionamento delle istituzioni meridionali sviluppando al meglio gli strumenti di governance e di regolamentazione .
Non si può continuamente dire no. Bisogna fare le cose. Bisogna farle bene e nel più breve tempo possibile. Per costruire un sistema industriale forte e competitivo e di alta qualità, l’unico, del resto, che può garantire crescita economica, coesione sociale, politica ed istituzionale. Insomma, senza tentennamenti e senza tergiversare , bisogna passare dall’abitudine del dire alla cultura del fare e del fare bene.. Il PNRR ha rappresentato e rappresenta una carta importante messa e da mettere in campo ma non può essere l’unica perché, al contrario, bisogna sfruttare al meglio tutte le opportunità che ci offre la comunità europea. La ZES Unica del Sud voluta dal ministro Fitto va in questa direzione. Ritengo che sia stato e sia un tentativo coraggioso e ambizioso, anche se, dopo questa trasformazione, vanno rivisti ed estesi i limiti territoriali delle ZES, ormai improponibili, e, nel contempo, va varato un Piano Strategico che punti sullo sviluppo delle filiere industriali innovative e competitive. A tutto questo non vi sono alternative, tranne accettare lo spopolamento ed il depauperamento di interi pezzi del territorio meridionale.
Crotone, la città che fu, in un tempo non molto lontano, un distretto industriale della chimica e della metallurgia e dell’agroalimentare, sotto questo punto di vista, ancorchè isolata e marginale, in questo Piano per il Sud può giocare un ruolo straordinario. Al nastro di partenza , per posizione geografica e per storia e tradizione industriale, Crotone si presenta uno dei territori meridionali tra i più strategici da cui far partire la ri(e)voluzione del Sud. Senza sottovalutare il fatto che ad una prima lettura, approssimativa e superficiale, le condizioni attuali della città e dell’intero territorio appaiono sconfortanti e non aiutano. A partire dal mancato riconoscimento di Crotone come Area di Crisi Industriale Complessa che nessuno, dopo trent’anni dalla dismissione industriale, ha avuto la capacità e la forza di porre sui tavoli decisori regionali e nazionali . Riconoscimento che, invece, se ottenuto permetterebbe di mettere in campo interventi di reindustrializzazione che al momento sono impensabili e inimmaginabili.
E proseguire con un processo di bonifica del Sito d’Interesse Nazionale che va a rilento e che pure riguarda una vasta area industriale, una tra le più grandi del Mezzogiorno. Area industriale che, una volta bonificati i terreni oggetto della bonifica , può essere riutilizzata a fini industriali e commerciali per fare del porto di Crotone, e del suo retroporto, un Hub strategico della filiera della logistica e della cantieristica navale e nautica. Sfruttando, in questo senso, la vicinanza di altre tre infrastrutture strategiche. L’infrastruttura aeroportuale. Aeroporto che nel piano industriale di Sacal, che al momento, purtroppo, non esiste, deve essere individuato come aeroporto che svolge, anche se non in esclusiva, attività cargo.
L’infrastruttura ferroviaria. Infrastruttura per la quale, seppur con estrema lentezza, è prevista l’elettrificazione ancorchè ad un solo binario. Così com’è previsto l’inserimento della stazione ferroviaria nel perimetro dell’ambito strategico Stazioni del Sud del PNRR (M3C1 – 1.8. miglioramento delle stazioni ferroviarie al Sud) , di cui ad oggi si hanno notizie contraddittorie e confuse senza che nessuno in città e nel territorio, riguardo all’enorme ritardo accumulato da RFI, ente attuatore dell’intervento, chieda lumi e spiegazioni. E l’infrastruttura stradale. Strada E90 (ex SS 106) per la quale è stata già programmato e, in parte, progettato il potenziamento e il raddoppio, anche in questo caso a fasi alterne.
Tutto questo senza dimenticare, e io non lo dimentico e non voglio dimenticarlo, che in Calabria, per come riferito autorevolmente dal dott. Ermenegildo Palma della Procura della Corte dei Conti, all’apertura dell’anno giudiziario 2024, manca una cultura dell’amministrare e della responsabilità. Un problema che si riflette, come ribadito sempre dal Dott. Palma, sulle spese per le infrastrutture inserite nel PNRR, sulle quali sono previsti risorse per oltre 5,5 miliardi di euro e che, al momento, risultano totalmente inutilizzate. Nonostante tutte queste innumerevoli difficoltà, e nonostante lo scetticismo diffuso, il futuro di Crotone e dell’intero territorio provinciale è già inscritto nella sua storia e nelle sue tradizioni.
Ed è rappresentato dalla reindustrializzazione. Una nuova industrializzazione, secondo i canoni dell’ Industria 5.0. Una nuova industrializzazione che, in un circolo virtuoso che solo lo sviluppo industriale può creare, può agevolare e trascinare il rilancio del turismo e del commercio e dell’artigianato, per come, nei cinquant’anni precedenti la dismissione industriale, la città di Crotone e il suo territorio hanno ampiamente e fruttuosamente sperimentato .
Giovanni Lentini