“Da una società che si impegni affinché le donne possano godere a pieno dei loro diritti, e non vengano loro fatti passare come privilegi non dovuti, da un Stato che tuteli il genere femminile da discriminazioni, abusi, violenza, body shaming, precarietà lavorativa e trattamenti salariali poco dignitosi, può venir fuori solamente un Paese migliore”. Lo afferma Caterina Vaiti, Segretaria Confederale Cgil Calabria e responsabile del Coordinamento Donne Cgil Calabria che spiega: “La Giornata Internazionale delle Donne è un’occasione per fermarsi a riflettere e per rinnovare l’impegno, specie per il sesso maschile, a sanare gap e lacune non degne di uno Stato Sociale e di questo secolo. Ma incidere su una realtà così difficile, specie in Calabria, significa impegnarsi quotidianamente, esporsi, alzare la voce, sapere ascoltare ed intercettare i bisogni. Ed è quello che la Cgil Calabria fa”.
Importante l’impegno del sindacato contro la violenza di genere e per il reinserimento lavorativo delle donne: “Il lavoro – continua Vaiti – non è solo dignità, ma anche libertà economica, possibilità di progettare il proprio futuro e quello dei propri figli. Ecco perché stiamo lavorando ad un protocollo con associazioni e centri antiviolenza al fine di impegnare la Regione Calabria in un percorso di accesso e al reintegro nel mondo del lavoro di donne vittime di violenza. In particolare, puntiamo ad avere Politiche attive al Lavoro (Borse Lavoro – Azioni di Formazione e Orientamento – Autoimpiego – Start Up Innovative – Incentivi e dote per assunzioni) mirate all’occupazione e, quindi, all’acquisizione dell’autonomia economica e ulteriori misure atte a garantire necessità primarie, comprendendo tra queste anche quella relativa all’autonomia abitativa”.
Ma la Calabria non certamente una regione fertile: “I dati Istat ci dicono che lavora meno di una donna su tre, siamo al di sotto, non solo della media nazionale, ma anche di quella del Sud Italia. Poco più della metà degli uomini ha, invece, un’occupazione, un dato che ci dice che oltre ad problema occupazionale c’è un importante problema di genere a cui contribuiscono fattori legati ai salari e alla mancanza di servizi. Il numero di asili nido nella nostra regione – denuncia ancora la Segretaria Confederale – è estremamente esiguo, legando la donna al lavoro di cura dei figli non potendo contare su strutture educative a cui affidarli. Ed è così che chi ha un lavoro lo lascia, specie se il salario è povero e a volte non consente nemmeno di contribuire a sostenere la retta di un asilo nido”. “Se si vuole incidere sull’occupazione femminile bisogna partire da qui, da forme di servizi e di welfare che rendano possibile un reale inserimento alla pari della donna nel mondo del lavoro, accantonando il part time involontario e il lavoro povero”.
Per Vaiti è poi “estremamente grave” la scelta del governo di prevedere l’applicazione delle clausole occupazionali sull’obbligo di assunzione di giovani sotto i 36 anni e di donne unicamente per i futuri bandi finanziati dal PNRR. I progetti in essere sono esclusi e con essi le pari opportunità generazionali e di genere”.Molto da fare anche con le pensioni: “Bisogna rimettere mano al sistema pensionistico e riconoscere anche il gap di genere provocato da carriere discontinue e bassi salari, garantendo il riconoscimento del lavoro di cura prestato in ambito familiare, che, purtroppo, anche a causa degli scarsi investimenti in welfare, è ancora quasi esclusivamente a carico delle donne”.