Si celebra la Giornata Mondiale Unesco del Libro e del Diritto d’Autore, un evento che vuole rendere omaggio al libro e al suo importantissimo ruolo nello sviluppo di una società sempre migliore. L’obiettivo è incoraggiare a scoprire il piacere della lettura dove centrale resta l’educazione alla lettura e l’importanza delle biblioteche intese non solo come luogo di conservazione e di accumulazione, ma come centri vivi di rielaborazione e di produzione di cultura.
“Per tradizione l’Italia è un paese dove si legge poco e finiamo in fondo alla classifica mondiale” sbotta però Guido Leone, il dirigente tecnico dell’Usr.
I dati infatti non sono incoraggianti. Secondo il World Culture Score Index, ricorda ancora Leone, al primo posto si trovano gli abitanti dell’India con una media di 10:42 ore settimanali di lettura a persona, al secondo posto la Thailandia, terza la Cina. E l’Italia? In fondo alla classifica, al 24° posto con solo 5:36 ore settimanali dedicati alla lettura. “Il principale ostacolo all’allargamento del mercato dei libri e dei quotidiani – sostiene il dirigente Usr – deriva dalle scadenti competenze alfabetiche degli italiani, ovvero di quell’insieme di strumenti che consentono capacità autonome di lettura, comprensione e interpretazione di un testo”. E la riprova si troverebbe ancora una volta nei dati perché solo 18% degli italiani risulta avere un elevato patrimonio di competenze.
“La colpa – prosegue Leone – è da imputare in parte all’avvento delle piattaforme digitali, Internet e i social network che favoriscono una lettura “scorrevole”, veloce e poco impegnativa. Tuttavia i bassi livelli di lettura sono dovuti anche ad un analfabetismo di ritorno”. Il libro, dunque, oggetto silenzioso, insostituibile strumento di cultura, in Italia muore di freddo. Secondo le ultime rilevazioni Istat, relative al 2016, i lettori italiani sono ancora in calo i lettori, passati dal 42,0% della popolazione di 6 anni e più del 2015 al 40,5% nel 2016, una perdita di 751 mila lettori. E cinque punti percentuali in meno rispetto al 2012, anno in cui c’è stato l’exploit di lettori nell’ultimo decennio.Rispetto al 2010, il calo è ancora più allarmante: 3 milioni in meno.
Dal report arrivano altre conferme, come il fatto che la lettura è legata al titolo di studio e le differenze territoriali, che configurano una vera e propria ‘questione meridionale’ che prima o poi andrà affrontata anche a livello istituzionale.
Legge meno di una persona su tre nelle regioni del Sud (27,5%) mentre in quelle del Nord-Est si raggiunge la percentuale più elevata (48,7%)”.
“Si tratta – dati in mano – di circa 23 milioni di persone che dichiarano di aver letto almeno un libro nei 12 mesi precedenti l’intervista per motivi non strettamente scolastici o professionali” spiega ancora il dirigente.
“La popolazione femminile – prosegue Leone – mostra una maggiore propensione alla lettura già a partire dai 6 anni di età: complessivamente il 47,1% delle donne, contro il 33,5% dei uomini, ha letto almeno un libro nel corso dell’anno. Leggono di più i giovani tra gli 11 e i 14 anni (51,1%) rispetto a tutte le altre classi di età”.
La diffusione dei lettori risente del livello di istruzione: il 73,6% dei laureati legge, contro il 48,9% di chi ha conseguito al massimo il diploma superiore. E persistono i divari territoriali, con il Sud maglia nera: qui a leggere è il 27,5%, cioè meno di una persona su tre. In fondo alla classifica la Calabria col 25,1% di lettori, con una media italiana del 40,5%.
Anche nella nostra regione si registra negli ultimi anni un calo progressivo di fruitori di lettura, nel 2015 la percentuale fu del 28,8, nel 2014 del 29,9 e nel 2013 del 34,5%.
Grande l’importanza della famiglia dove si apprende l’abitudine alla lettura. Non a caso legge libri il 69,7% dei ragazzi con entrambi i genitori lettori. E sono i giovani tra gli 11 e i 14 i “forti” lettori di libri. I dati mostrano che nel tempo è aumentata la quota di famiglie che possiedono libri: nel 2016 erano l’89,4%, ma dal 2009 in poi il 10% di famiglie ha dichiarato di non avere libri in casa.
“La Calabria – sottolinea ancora Leone – è prima regione italiana ad avere la percentuale più bassa di famiglieche non possiede libri in casa, il 16,4% ne possiede da uno a dieci, il 14,9% da undici a venticinque, il 4,1% più di quattrocento. E’ necessario, dunque, allargare il mercato e i consumi culturali se vogliamo che il libro sopravviva e cresca nelle biblioteche, nelle librerie e nelle case degli italiani”.
L’obiettivo è capire come si impara a leggere e come il nostro sistema scolastico, soprattutto nelle fasi iniziali, riesca a produrre lettori.
La scuola è perciò chiamata in prima persona a costruire un rapporto tra il giovane allievo ed il libro come momento positivo e di crescita spirituale e culturale”. “Si è rilevato in questo senso – aggiunge il dirigente Usr – che lo strumento principale senz’altro capace di dare una base a qualunque attività di promozione della lettura è lo sviluppo di un moderno e efficiente sistema di biblioteche in Calabria al 31 dicembre 2017 ve ne sono 446, il 3,2% del totale Italia pari a 13.925 biblioteche di varia tipologia amministrativa.
Molti passi in avanti sono stati compiuti, ma la situazione rimane nel complesso deficitaria. Già, perché esistono le biblioteche statali, comunali e scolastiche; o, meglio, esisterebbero… 13 milioni di italiani (il 21,1% del totale) risiedono in comuni in cui non c’è una libreria o biblioteca.
Secondo l’Ufficio studi Aie, sono esclusi i Comuni dove possono esserci cartolibrerie, edicole-negozio, centro commerciale con librerie come bacino di attrazione. Vale a dire 687 comuni sopra i 10 mila abitanti, l’8,6% del totale dei 7.998 censiti.
“Non va meglio per la presenza di biblioteche scolastiche – spiega il referente Usr – 486.928 studenti frequentano istituti che ne sono privi: 262mila nella scuola primaria, 147mila nella secondaria di primo grado e 77mila nella secondaria di secondo grado. Ma altri 3,5 milioni frequentano istituti che hanno un patrimonio di libri inadeguato a far scegliere ai ragazzi cosa leggere”.
Si legge meno soprattutto nei piccoli comuni, dove la perdita si aggira sul 15,3% rispetto ad una media nazionale del 9,1%. Va un po’ meglio, invece, nel centro delle grandi città (-3,1%) rispetto alle periferie (-5,1%)”.
“Il problema è che in Italia ai vari livelli amministrativi ancora non esiste una politica culturale, né vi siamo orientati – rimarca con amarezza Leone.
“La buona salute del libro invece è fondamentale per la crescita culturale del Paese, non può essere una seconda scelta. I Paesi in cui si legge di più – sottolinea Leone – sono anche quelli in cui si consuma più musica, più giornali, si va più al cinema e a teatro. Nella scuola e negli studenti manca l’abitudine al leggere”.
“Non basta – aggiunge – studiare testi, bisogna leggerli, commentarli, discuterli. I libri vanno “vissuti” nell’ambito scolastico perché lettori si diventa. Imporre la lettura come un dovere è soltanto un disincentivo: leggere deve essere un piacere. In molti paesi la narrativa è obbligatoria, invece noi la stiamo perdendo. Servono pratiche didattiche legate al libro: visite frequenti nelle biblioteche e nelle librerie, il recupero della biblioteca di classe collocata dentro al piano dell’offerta formativa d’istituto, non chiusa dentro i confini della scuola”.
Sembrano poi non avere sortito grandi effetti le iniziative dei bonus docenti e dei bonus diciottenni di 500 euro finanziati dagli ultimi governi per i consumi culturali. Leone fa un semplice esempio: “gli insegnanti per gli anni 016 e 2017 hanno speso circa 200 milioni di euro in hardware e software nuovo, ma solo 38 milioni di euro in libri. Dare soldi a pioggia – ma senza una programmazione né una sistematicità – per incrementare i consumi o la disponibilità non significa fare educazione alla lettura, né in generale formazione culturale. C’è da scommettere che l’anno prossimo avremo ancora meno lettori. La sola possibilità di creare una controtendenza sarebbe quella di intervenire in modo drastico nella formazione dell’obbligo” “E introdurre per esempio, sulla scia di altri paesi europei, un’ora dedicata alla lettura in tutti i gradi di scuola,dall’asilo alle primarie alle medie alle superiori, facendo tesoro di quelle che sono ormai centinaia di esperienze sulla pedagogia della literacy”. “A questo punto – conclude Leone – una domanda va posta alle amministrazioni pubbliche per sapere se condividono la necessità di un progetto per un autentico investimento civile e sociale che contribuisca a creare cittadini più liberi, più liberi dai pregiudizi, più liberi dai condizionamenti, più liberi dalle omologazioni”.